A un maschio violento | che si crede dio - Live Sicilia

A un maschio violento | che si crede dio

Le scarpe rosse, simbolo della lotta contro la violenza alle donne

Quando ha avuto inizio la malattia del maschio senza un uomo addosso?

RITAGLI DI PUGLISI
di
3 min di lettura

Tu credi di essere un dio, signore del fango e della terra. Tu che uccidi le donne, le maltratti, le violenti. Perché, nel vuoto che ti riempie, solo la rabbia, ai tuoi occhi di maschio violento, ti rende forte.

Tu vuoi essere un dio. Colui che lascia ma non può essere lasciato. Colui che può dire no per ricevere soltanto un sì. L’ombra vigliacca che nasconde la sua paura dietro la canna di un’arma, nei gemiti di uno stupro, nella follia di un attimo. E, quando sei chiamato a pagare, ti difendi con lo stupore. Ma come, io? E’ lei che se l’è cercata. E’ lei che mi ha provocato.

Ma tu non sei un dio. Non sei neanche un cattivo monumentale con una traccia di sangue scavata nella storia come un simbolo sovrano dell’ignominia. Tu – maschio violento che uccidi, maltratti e stupri le donne – sei un topo da cronaca. Un vile che colpisce vittime inermi e tramanda la strage delle innocenti. Il fango è il tuo habitat naturale e ci vivi da così tanto che pensi che sia il tuo regno, la tua tana.

Quando ha avuto inizio la malattia del maschio senza un uomo cucito addosso? Forse, da bambino, quando ti insegnavano che le femmine rigovernano, cucinano, stirano, mentre tu eri affrancato dall’umiltà dei ‘lavori per donne’. Oppure, quando qualcuno ti ha messo una pistola giocattolo in mano e ti ha detto: posa le bambole, non sei una ‘femminuccia’.

E poi più avanti, a scuola, quando il maschio con molte prede intorno era considerato un cacciatore, un eroe degli amplessi del sottoscala, mentre una ragazza con lo stesso atteggiamento era sempre marchiata, ispirandosi a De Andrè, con un ‘è mai possibile o porco di un cane che le avventure in codesto reame…’. E poi, ancora, quando hai osservato che, in questo universo schizofrenico, i maschi hanno i posti migliori, le risorse meno smagrite, le comodità più vantaggiose; le briciole vanno alle donne.

Ti sei sposato, magari. Ma lei, la tua compagna di viaggio, a un certo punto ha indicato per se stessa un’altra strada. E tu sei impazzito. Non era una pazzia improvvisa. Era l’esito di una patologia in cammino da tempo. La malattia del maschio fragile che diventa carnefice.

Dici che è troppo? Che non si possono unire i puntini lontani per proclamare che qualcosa, comunque, apparirà? Eppure, ogni maschio che maltratta, che violenta e che uccide, a prescindere dai suoi percorsi malati, si sente al sicuro, protetto da un reticolo di pregiudizi. Sono sempre i contesti che rinforzano la sciagura di alibi inesistenti. 

Il prodotto sei tu. Il maschio violento che si crede dio. Tu che resteresti incenerito al cospetto della bellezza di una donna che risiede nel suo crescere come donna e persona molto più di noi, nel bene e nel male.

Ci sono occhi che non smetteranno di piangere, figli al cancello del cimitero, fiori destinati ad appassire accanto alle tombe. C’è una strage delle innocenti per cui chiedere perdono in ginocchio. E sei stato tu che ti credevi dio. Ma non sai niente e nulla hai imparato. Non sai nemmeno che Dio è Dio perché, un giorno, nella sua solitudine cosmica, ha scelto di amare.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI