CATANIA – Nella maxi inchiesta sugli abusi all’interno della comunità religiosa di Aci Bonaccorsi, un sacerdote e un noto politico sarebbero stati a conoscenza delle indagini e avrebbero avvisato gli indagati. La Procura di Catania ha iscritto sul registro degli indagati Domenico Rotella detto Mimmo, ex deputato regionale marito di Rosaria Giuffrida, una delle tre donne ritenute complici del “santone” Pietro Capuana negli abusi a danno delle bambine della comunità, Salvatore Torrisi, presidente della congregazione religiosa e padre Orazio Caputo.
Agli atti degli inquirenti c’è un’intercettazione in cui Rotella confida a Katia Scarpignato, altra donna arrestata, di avere saputo da Torrisi che un sacerdote lo aveva avvisato “della pendenza di un procedimento penale” nato in seguito alle dichiarazioni di una donna.
Il sacerdote avrebbe violato il segreto confessionale per avvisare i vertici della comunità dell’inchiesta sugli abusi sessuali. “Ci sono delle persone – dice Rotella intercettato – che hanno fatto esposto contro Piero, mi ha parlato l’altro giorno Salvo Torrisi e mi sono fatto raccontare il resto, considera che tutto questo è stato consegnato in confessione, c’è un’iniziativa molto forte, un esposto non anonimo, firmato da due famiglie, e un altro nucleo famigliare che non mi ha saputo dire”.
A questo punto le cimici della polizia postale registrano una frase che lascia intendere che qualcuno potesse essere a conoscenza degli abusi sessuali che si consumavano a danno di alcune bambine. “Mettono di mezzo anche la figlia, di vicende – dice Rotella alla Scarpignato – che tu puoi immaginare quali possono essere…oltre agli effetti economici, io sono molto preoccupato, se arriva a partire questa cosa e ci arriva, anche perché tu capisci, fanno fuori ministri e sottosegretari…i tempi sono cambiati, basta una cosa di questa per azzerare tutto, perché ci fa saltare il banco, io ho avuto una chiacchierata molto, molto particolare, molto lunga, è chiaro che la prima cosa che fanno è chiamano testimoni e prima si fanno fare tutte le reazioni, tu lo sai , lo capisci che per raccontare queste cose quella persona si sta esponendo molto, anche perché il suo ministero non glielo consente”.
Rotella conferma che a svelare l’esistenza delle indagini è stato padre Orazio Caputo: “Ho parlato con Orazio…Orazio Caputo…e lui mi ha raccontato la questione, me l’ha raccontata in maniera tale che me la poteva raccontare, ovviamente mi ha dato ulteriori informazioni…questa cosa è partita già brutta sta situazione, hanno di mezzo le due questioni, la figlia e i soldi, è chiaro che lui questa cosa non me l’ha mai detta, tu lo capisci questo, no? E io devo fare finta che lui non me l’ha mai detto questo, è chiaro, quindi non lo potrò dire mai, io con lui non mi sono neanche sentito, giusto? Perché se no questo poveretto, tu lo capisci che finisce a pancia all’aria, lo capisci, no?”.
I magistrati hanno sottolineato che la congrezione religiosa all’interno della quale sarebbero avvenuti gli abusi è laica, cioè non fa parte degli apparati clericali. Qualche contatto, però, con i piani alti della Chiesa, c’è stato. L’ex deputato Rotella, a questo punto racconta che qualcuno ha avvicinato, per la questione, un importante vescovo. “Mia moglie è un po’ ammaccata – confida a padre Caputo – oggi Salvo ha incontrato il Vescovo, il fondatore dell’associazione gli ha recapitato una lettera di dimissioni, lo doveva fare lui stesso un gesto del genere, lo ha fatto, il vescovo ha apprezzato anche questo passaggio che Salvo ha fatto, i nostri colloqui sono sempre privati, io tra l’altro sono stato da Monsignor Di Bella e gli ho parlato, è un uomo con le spalle larghe, è un uomo navigato, ha capito esattamente come stanno le cose, gli ho raccontato senza tralasciare nulla, se sono rose fioriranno, se son cachi cacheranno, io devo essere da un lato ovviamente attento, sono coinvolto affettivamente, dall’altra parte devo anche dare una mano a questo ragazzo, la responsabilità della Comunità, col fondatore si sono divisi i ruoli, un fulmine a ciel sereno, bisogna allontanare il peccato e non il peccatore”.
Fatte queste premesse, il Gip ritiene che non possa configurarsi il favoreggiamento personale, ma che “le delazioni in disamina erano certamente idonee a consentire l’elusione delle investigazioni”.