Enna, i presunti abusi di Don Rugolo: per la difesa un “non reato”

Enna, i presunti abusi di Don Rugolo: per la difesa un “non reato”

La sentenza è attesa per il 5 marzo

ENNA – Parola alle difese al processo a carico di Giuseppe Rugolo, il sacerdote alla sbarra per violenza sessuale aggravata in danno di minori. Si è conclusa in tarda serata, ieri, una lunga udienza, iniziata poco dopo mezzogiorno. Dopo la requisitoria del procuratore facente funzioni Stefania Leonte, che in aula aveva chiesto la condanna dell’imputato a 10 anni, ieri è stato il giorno delle arringhe dei legali dei responsabili civili e dello stesso Rugolo.

L’udienza

Parla di “processo mediatico” il legale della Diocesi di Piazza Armerina, Gabriele Cantaro, mentre per l’avvocato della parrocchia di San Giovanni, Mauro Lombardo, la modalità di rapportarsi ai giovani di Rugolo, che per salutare toccava le parti intime, sarebbe ormai stata sdoganata. E per dimostrare questo ha mostrato in aula la famosa immagine del grande Roberto Benigni mentre tocca, ironicamente, Pippo Baudo.

Un “cambiamento dei costumi” che viene sottolineato anche da uno dei legali dell’imputato, l’avvocato Antonino Lizio, che assieme al collega Dennis Lovison chiedono l’assoluzione di Rugolo. Tra gli elementi sostenuti dalla difesa, anche un assunto: sarebbe grave rovinare la vita a un sacerdote per un “non reato”. In aula è stato proprio l’avvocato Lovison a svelare che il primo consulente psichiatra di Rugolo sarebbe indagato e gli sarebbe stata sequestrata la cartella clinica. La sentenza è attesa per il prossimo 5 marzo.

Le parti civili

In aula, si ricorda, sono parte civile gli avvocati Eleanna Parasiliti Molica, per la vittima che con la sua denuncia fece partire l’inchiesta della procura di Enna. Poi l’avvocato Mario Caligiuri per Rete l’abuso, unica associazione italiana che si occupa di sopravvissuti alle violenze clericali. L’avvocato Irina Mendola assiste l’associazione CoTuLeVi, Contro tutte le violenze. E l’avvocato Giovanni Di Giovanni è parte civile per i genitori della vittima.

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