PALERMO- Cinque dirigenti della Regione siciliana sono accusati dalla Procura di Palermo di abuso d’ufficio. Il pubblico ministero Gaetano Paci ha chiesto il rinvio a giudizio per gli attuali dirigenti generali Giovanni Arnone (Azienda foreste), Vincenzo Sansone (dipartimento Territorio), Sergio Gelardi (Beni culturali), per l’ex dirigente generale Pietro Tolomeo e per l’attuale dirigente del servizio personale del Territorio-Funzione pubblica, Antonio Maniscalco. L’indagine riguarda il ‘caso’ Gioacchino Genchi, il dirigente della Regione che sei anni fa fu messo alle porte dall’assessorato all’Ambiente dopo un giudizio di valutazione espresso da una commissione composta da Arnone, Sansone e Maniscalco; all’epoca Tolomeo era a capo del dipartimento.
Ne scaturì una battaglia legale. Genchi ha sempre sostenuto di essere stato perseguitato perché ritenuto scomodo avendo assunto posizioni nette contro alcuni provvedimenti, come per esempio i termovalorizzatori. Due anni fa il dirigente, sostenuto dalla Cgil, ha ottenuto la riabilitazione e un risarcimento danni con sentenza del giudice del lavoro; nonostante ciò è rimasto ai margini dell’amministrazione.
Adesso la questione si sposta sul piano penale. Il giudice per le indagini preliminari Lorenzo Matassa deciderà sulla richiesta del pm Paetano Paci a il 27 novembre prossimo.
Nell’aprile del 2008 la commissione di valutazione riconobbe a Genchi un punteggio di 58,01. Ben lontano dai 70 punti necessari per ottenere la liquidazione dell’indennità di circa 9 mila euro per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dall’amministrazione. Dalle indagini sarebbe emerso che le contestazioni mosse a Genchi sarebbero state “del tutto inconsistenti”. Inoltre, il dirigente del dipartimento Ambiente aveva sostenuto che il procedimento si era svolto senza il necessario contraddittorio. Genchi, insomma, non era stato convocato per spiegare la propria posizione. Non solo, nel 2010 una nuova commissione di valutazione, stavolta in contradditorio, stabilì che il dirigente aveva ragione.
“Non c’è stata alcuna irregolarità nella procedura di valutazione e siamo certi di averlo dimostrato nelle memorie difensive”, spiega il legale di Tolomeo, l’avvocato Francesca Romana De Vita.