Il Coronavirus non perdona e distrugge la famiglia del regista 55enne Chang Kai, chiusa in casa in isolamento, in quello che è uno dei casi simbolo dell’impreparazione della Cina al fenomeno. Poco prima di morire, venerdì, il cineasta famoso a Wuhan per il suo lavoro agli Hubei Film Studios ha detto “addio a quelli che amo e a quelli che mi hanno amato”. Fra loro il figlio che vive a Londra, che resta l’unico non contagiato dell’intera famiglia. Il virus ha raggiunto prima il padre di Chang Kai, poi la madre, il regista e sua sorella, e ora anche sua moglie è malata e in condizioni critiche.
A metà gennaio il padre di Chang Kai ha mostrato i primi sintomi, e il figlio ha cercato invano di farlo ricoverare in uno degli ospedali di Wuhan. Le strutture ospedaliere non avevano letti disponibili e così, secondo le norme vigenti in città, il regista ha riportato l’anziano a casa prendendosi cura di lui in prima persona ed esponendo tutta la famiglia al contagio. Da quel momento i contagi nell’abitazione non si sono più fermati.
Le autorità di Wuhan hanno invertito la rotta del contrasto solo in seguito, iniziando a dividere casi confermati, sospetti e sotto osservazione, e isolando ogni categoria; per Chang Kai e la sua famiglia però era troppo tardi. La tragedia familiare è solo una delle tante che si succedono sulle cronache di Wuhan, che continuano a segnalare come molte delle vittime non compaiano nei registri ufficiali degli affetti da Coronavirus e potrebbero non essere mai arrivate in ospedale, testate o registrate come contagiate.