CATANIA – Racconti quotidiani. Che non solo fanno accapponare la pelle, per la violenza, tanta, per l’età di chi la pratica, e per la frequenza dei veri e propri accerchiamenti che, chi frequenta il centro di Catania, ormai non può non conoscere. Ma che mettono in crisi un sistema stesso, quello educativo portato avanti, non senza fatica, dai genitori, dalle famiglie, da chi crede ancora nel concetto di civiltà. Il fenomeno delle baby gang, ribattezzate così per l’età degli appartenenti a queste vere e proprie bande di teppisti, non sono sta gettando nel panico un’intera città e i suoi cittadini più giovani, che ogni giorno subiscono atti di intimidazione e di violenza di cui sono piene le pagine dei giornali – oltre che i post sui social network. Ma sembra stia mettendo in crisi il concetto stesso di convivenza civile.
Le parole di una catanese, mamma di una minorenne che, qualche sera fa ha subito insulti e minacce, mentre trascorreva fuori – in pieno centro storico – una serata con gli amici, sembrano svelare le difficoltà di chi, con fatica, ha insegnato alcuni valori ai propri figli, pur sapendo che questi non li salveranno dagli sputi, dagli attacchi, dalle botte. La mamma in questione, racconta quanto accaduto alla figlia.
“E’ inevitabile – scrive su Facebook – che, abitando io propria nella zona preferita da questi imbecilli, mia figlia e i suoi amici incappino nella situazione. I ragazzi cercano di non rispondere agli insulti preliminari, ma questo non serve ad evitare gli schiaffi e i pugni. Si dà il caso che la polizia presente in zona sia stata informata, più volte e da più parti. Stessa risposta: alzata di spalle, non possiamo farci niente, sono minorenni. Non commento questa affermazione – precisa la donna. Forse necessita che ci scappi qualche morto. L’ospedale da solo non basta: so di figli di amici che sono andati a farsi medicare”.
Questi i fatti. Prima della riflessione più che amara. “Appartengo a quel genere di persone che assume come fondamentale i valori della non violenza. Volente o nolente i miei figli hanno interiorizzato questi valori. Ricordo ancora quando mio figlio di appena 4 anni, mentre un compagno gli dava bastonate in testa, cercava di usare le parole e chiedeva all’amico: ma perché mi stai bastonando?. Ricordo inoltre lo smarrimento successivo, non tanto per i bernoccoli. Piuttosto per il fatto che le parole, il tentativo di essere ragionevoli attraverso l’uso del linguaggio, non avesse sortito nessun effetto.
Ecco, credo di aver avuto la stessa espressione smarrita quando mia figlia sabato sera è tornata a casa frettolosamente raccontando l’accaduto. Siamo smarriti noi gente normale – scrive. Non sappiamo più cosa credere o cosa fare davanti all’indifferenza di chi si occupa del governo della città. Scusate, indifferenza non è la parola giusta. Credo si possa parlare di connivenza”.
Parole pesanti come pietre, che sembrano rappresentare il sentimento di tanti genitori. Come Nino. Anche lui abita a Catania, nella zona della fu movida. “Tutti sappiamo che questi episodi possono capitare – afferma a LiveSicilia. Il fatto è che oggi sembra siano diventati la normalità. Sono anni che segnaliamo una situazione fuori controllo – affonda, riferendosi al centro storico cittadino. Dove mancano le istituzioni succede questo. E’ una costante delle grandi città – continua – ma a Catania il dilagare di certe cose è preoccupante. Io ho paura, per me e per i miei gli figli. E ho paura che la cultura della violenza stia prendendo il sopravvento su quella della convivenza. Sulla civiltà”.