Adrano, pistole, sangue, ritorsioni: la ricostruzione dell’omicidio Neri

Adrano, pistole, sangue e ritorsioni: la ricostruzione dell’omicidio Neri

Dopo i provvedimenti eseguiti ieri dalla Polizia

ADRANO (CATANIA) – Alfio Neri venne ammazzato perchè vicino a Francesco Coco. Un fatto risaputo certo. Ora, però, pienamente confermato dall’operazione di Polizia che nella giornata di ieri ha portato al provvedimento che ha visto spiccare quattro misure di custodia cautelare in carcere nei confronti di Gianni Santangelo, Antonino Bulla, Salvatore Crimi e Alessio Samperi, accusati di essere esponenti dell’associazione mafiosa Santangelo–Taccuni, affiliata ai Santapaola.

L’omicidio

Neri venne trucidato il giorno di ferragosto del 2008, appena pochi giorni dopo l’omicidio di Nicolò Liotta. Appartenente al clan degli Scalisi e, dunque, vicino a Coco, Alfio Neri – soprannominato Pasta Rattata – era proprietario di un appezzamento di terra in Contrada Fumata ad un tiro di schioppo da quello di Carmelo Scafidi del clan Santangelo. Coco e Angelo Zitello avrebbero esplosi dei colpi di pistola a Scafidi nel tentativo di assassinarlo. Lo stesso Scafidi raccontò l’accaduto ad Alfio Santangelo nella zona dei Cappuccini dove Carmelo Scafidi aveva una rivendita di frutta. Coco e Zitello passando da lì spararono anche contro Santangelo ma non lo colpirono. A quel punto Santangelo decise di uccidere Coco e Zitello: ma i due non uscivano mai di casa. Così la vendetta venne consumata nei confronti di “Pasta Rattata”.

È questa, per sommi capi, la ricostruzione effettuata dal collaboratore di giustizia Vincenzo Rosano e che è sfociata nell’operazione della Polizia etnea. A quest’ultimo venne chiesto di far partecipare il figli all’omicidio. “A mio figlio dissi di non farsi trovare se lo avessero cercato per fare l’omicidio di Pasta Rattata – racconta agli inquirenti -. La mattina del 15 agosto venne da me Angelo Pignataro a cercare mio figlio. Risposi che mio figlio era a mare a Sant’Alessio”.

La ricostruzione dell’assassinio

Quello che appare ormai nitido è anche la sequenza con la quale l’omicidio venne compiuto. Tonino Bulla e Gianni Santangelo subito dopo il delitto si sarebbero recati a casa di Rosano raccontando com’erano andate le cose. Ad agire – avrebbero spiegato –  erano stati Salvatore Crimi, Tonino Bulla, Gianni Santangelo e Alessio Samperi. Gli scooter con i quali diedero il via all’azione erano stati posteggiati in un garage dietro casa di Crimi: ed una volta saputo dove si trovava Alfio Neri, i quattro sono partiti per la “spedizione”. A sparare i sei letali colpi d’arma da fuco sarebbero stati Bulla e Santangelo con i restanti due che guidavano i motorini.

Il movente 

L’omicidio di Alfio Neri si inquadra chiaramente, così come quello di Francesco Rosano, nella faida tra i clan Scalisi e Santangelo e come ritorsione contro gli atti criminosi di Francesco Coco.


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