CATANIA – Indagine chiusa. Poco dopo le udienze del Tribunale del Riesame la Procura ha emesso gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari che sono stati notificati ai boss e ai soldati della famiglia di Cosa nostra di Adrano, il clan Santangelo-Taccuni, coinvolti nel blitz Adranos. L’inchiesta della Squadra Mobile ha permesso di azzerare la cosca che da alcuni tempi aveva scelto di abbassare le armi e di usare la “diplomazia” per chiudere gli affari. Meno colpi di reni e azioni di fuoco clamorose. La strategia dell’inabissamento, dunque, si sarebbe allargata fino ad uno dei comuni del triangolo della morte. Il clan Santangelo, retto dal padrino Alfio, avrebbero deciso di siglare un accordo criminale per le estorsioni e per la droga (come già era emerso nel blitz Illegal Duty) con la cosca Scalisi, referente della famiglia catanese dei Laudani. Un “patto di ferro” siglato anche con un regalo – immortalato dalle telecamere della Squadra Mobile – che il padrino Alfio Santangelo consegna al boss degli Scalisi, Pietro Maccarrone.
Dalle intercettazioni – decine e decine di nastri sono stati sbobbinati – emergerebbe come le due cosche si sarebbero spartiti il mercato ortofrutticolo di Adrano imponenti il pizzo ai commercianti di ogni settore. Documentate inoltre diverse estorsioni e anche rapine (anche da bottini a cinque zeri) per rimpolpare le casse.
L’inchiesta Adranos ha permesso di ricostruire l’asse gerarchico del gruppo mafioso. Ai vertici, il capo e boss storico Alfio Santangelo, mentre come referenti territoriali Antonio Quaceci e Nino Crimi (fino al loro arresto nel 2015) che poi sarebbero stati sostituiti da Salvatore Crimi e Gianni Santangelo.
Dal ciclone giudiziario è stato investito anche un poliziotto infedele. Francesco Palana, assistente Capo della Polizia di Stato, avrebbe avuto un diretto contatto con Salvatore Crimi, uomo di fiducia del padrino Alfio Santangelo, per rivendere droga nel messinese. Nella sua auto, nel 2016, durante un controllo mirato ai caselli di San Gregorio furono trovate alcune dosi di cocaina. Ed infine, nell’elenco degli indagati, anche Nicola Mancuso, famoso alle cronache giudiziarie per essere il sospettato numero uno dell’omicidio di Valentina Salamone. È in corso un processo davanti alla Corte d’Assise che lo vede imputato.
I nomi. Gianni Santangelo, di 35 anni, Antonino Bulla, di 35, Antonino La Mela ,di 43, Vincenzo Bulla, di 34, Rosario Galati Massaro, di 34, Nicolò Trovato, di 27, Giuseppe la Mela, di 45, Nicolò Rosano, di 38, Salvatore Quaceci, di 26, Marco Ricca, di 28, Vincenzo Rosano, sorvegliato speciale di 50, Andrea Palmiotti, di 38, Ignazio Vinciguerra, di 53, Antonino Foti, di 25, Vincenzo Nicolosi, di 28, Maurizio Pignataro, di 41, Salvatore Sangrigoli, di 21, Luigi Leocata, di 48, Alfio Santangelo, di 65 anni, Antonino Quaceci, di 48, Nino Crimi, di 38, Salvatore Crimi, di 32, Francesco Rosano, di 28, Alfredo Pinzone, di 34, Nicola Mancuso, di 36, Biagio Trovato, di 28, Angelo Pignataro, di 30, Antonio Longo, 20 anni, Salvatore Foti, 49 anni.