PALERMO – Una lite per un motivo che resta oscuro. Più passano le ore e più si rafforza la convinzione che la mafia nulla c’entri nel tentato omicidio di Gioacchino Alioto. Gli hanno sparato l’altro ieri in pizza Kalsa.
Un colpo sparato con una pistola di piccolo calibro in pieno giorno. L’ogiva che gli ha perforato l’addome non è stata trovata. Così come non c’è traccia del bossolo che deve per forza essere rimasto sull’asfalto. Qualcuno lo ha fatto sparire. Forse la stessa persona che ha cercato di ripulire le tracce di sangue.
Una lite, dunque. Probabilmente avvenuta non molto tempo prima dell’agguato, a poche decine di metri dal deposito di bibite gestito da Alioto. Le dichiarazioni di Tommaso Buscetta al maxiprocesso, indagini per droga e rapine, poi il silenzio. Fino al giorno in cui Alioto si presentò in una bettola. Bisognava recuperare i soldi per conto di un amico di Mauro Luricella, figlio del boss della Kalsa, Antonino, e di Fabrizio Miccoli. Il calciatore è stato condannato in primo grado a tre anni e mezzo per estorsione. Lauricella a un anno per violenza privata, mentre Galioto è stato assolto.
Le indagini recenti, però, non attribuiscono ad Aalioto, 65 anni, uno spessore criminale tale da giustificare un agguato per questioni legate alla mafia. E poi, fanno notare gli inquirenti, i killer di Cosa nostra non falliscono l’obiettivo. Alioto è piantonato all’ospedale Buccheri La Ferla. Non è in pericolo di vita e sarà presto ascoltato dai carabinieri. Si spera che sia più loquace rispetto ad altri potenziali testimoni che nulla hanno visto o sentito.