Chiedere un prestito, per esempio, di 100 euro e, dopo un anno, ritrovarsi a doverne rendere 50.000. Può succedere, anzi è accaduto nell’agrigentino e al centro della vicenda si è ritrovato l’ex sindaco di Porto Empedocle Paolo Ferrara. Una storia di usura, minacce e disperazione, di tassi di interesse inverosimili, che potevano raggiungere anche il 545% annuo. Proprio dal sindaco di Porto Empedocle si è partiti per districare una rete lunghissima, che abbracciava diversi comuni dell’agrigentino e che da anni seminava disperazione anche tra la povera gente. Per capire meglio quanto accaduto occorre fare una serie di passi indietro. Un anno fa Paolo Ferrara denuncia alla Questura di Agrigento una serie di atti intimidatorio ai suoi danni. La cosa convince poco gli inquirenti, che pensano che, dietro le minacce, possano esserci dei risvolti più complessi. Indagini meticolose, seguite dalla squadra mobile agrigentina e coordinate dalla Procura della Repubblica della città dei templi. Intercettazioni telefoniche, ambientali, appostamenti e al centro sempre la figura di Paolo Ferrara. Questo fino al blitz della notte scorsa, ad opera degli agenti della mobile agrigentina. In manette sono finiti in nove, alcuni empedoclini, altri agrigentini, altri ancora di Palma di Montechiaro. Volti nuovi e “vecchie glorie” dell’usura agrigentina, anche un ex bancario, Calogero Bordino, recidivo a questo tipo di accusa. Un’operazione che ha coinvolto tre comuni con una forte tradizione in termini di criminalità organizzata. Paolo Ferrara sarebbe entrato dentro il giro, gestito da uno degli arrestati, Roberto Melfa, già dal 2004, quando era sindaco di Porto Empedocle. Problemi economici, per l’ex primo cittadino della Vigata di Monta lbano, necessità di recuperare le spese della campagna elettorale. Un prestito di partenza di 48.000 euro, che si sarebbero moltiplicati all’infinito, portando Ferrara a cedere un appartamento di suo proprietà a due degli odierni arrestati, Antonio e Alfonso Zambito, padre e figli, entrambi di Porto Empedocle. Non è bastato, Ferrara aveva riaffittato lo stesso appartamento per suo uso personale, pagando ai Zambito 200 euro mensili. Oltre all’arresto, per alcuni degli indagati, è scattato anche il sequestro di beni mobili e immobili, per il valore di 600.000 euro. Paolo Ferrara non sarebbe l’unica vittima della banda usurai, su questo la questura agrigentina, diretta dal questore Girolamo Di Fazio e la Procura di Agrigento, continuano ad indagare. In conferenza stampa, stamane, tanto il vice questore Iadevaia, quanto il sostituto Sciarretta, l’aggiungo Fonzo e il procuratore Di Natale non hanno avuto dubbi: “Si tratta di un fe nomeno esteso, su cui le indagini proseguono serrata. La questura e la procura sono a disposizione di quanti, riconoscendo negli indagati il loro estorsore, volessero sporgere denuncia”. Nelle scorse settimane, uno degli arrestati, Alfonso Zambito, titolare di un bar, aveva subito un atto intimidatorio, colpi di arma da fuoco contro la saracinesca del suo esercizio commerciale. In merito a un eventuale collegamento tra le vicende, gli inquirenti, a tutela delle indagini, non si pronunciano. Questi i nomi degli indagati: Melfa Roberto, classe 1965 di Porto Empedocle Zambito Antonio, classe 1949 di Porto Empedocle Zambito Alfonso, classe 1972 di Porto Empedocle Natale Pietro Anastasio, classe 1969 di Agrigento Zicari Massimo, classe 1975 di Agrigento il 25.11.1973 Falzone Salvatore, classe 1969 di Agrigento Filippazzo Carmelo, classe 1965 di Porto Empedocle Bordinon Calogero, classe 1959 di Palma di Montechiaro Di Vincenzo Antonio, classe 1961 di Palma di Montechiaro Dovranno tutti rispondere, a vario titolo, di estorsioni e usura, con l’aggravante di avere agito ai danni di persona in stato di bisogno.
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