"Amia, io responsabile? | Eravamo tutti d'accordo..." - Live Sicilia

“Amia, io responsabile? | Eravamo tutti d’accordo…”

Dopo la bufera, Enzo Galioto torna a parlare. L'Amia, il suo "buco". La querela mancata e le critiche al sindaco Cammarata, "responsabile" di aver bloccato un procedimento per falso in bilancio nei confronti dei vertici della municipalizzata. E ancora, le accuse di clientelismo, quelle di "sprechi". L'ex presidente dell'azienda dei rifiuti palermitana non nasconde nulla sotto il tappeto
Parla Enzo Galioto
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Dopo la bufera, Enzo Galioto torna a parlare. L’Amia, il suo “buco”. La querela mancata e le critiche al sindaco Cammarata, “responsabile” di aver bloccato un procedimento per falso in bilancio nei confronti dei vertici della municipalizzata. E ancora, le accuse di clientelismo, quelle di “sprechi”. L’ex presidente dell’azienda dei rifiuti palermitana non nasconde nulla sotto il tappeto.

Il senatore del Pdl più che attaccare, vuole difendersi da accuse che ritiene ingiuste. E lo fa rispolverando persino citazioni illustri: “Mi hanno accusato anche delle Guerre puniche o delle fosse Ardeatine – dice – ma la verità è un’altra”. Partiamo da un dato di fatto. La scelta del sindaco di non sporgere querela nei confronti suoi e di altri componenti del Cda dell’azienda.
“Non posso e non voglio scendere nello specifico della scelta di Cammarata. Non spetta a me. Io posso solo dire che sono stato in rispettoso silenzio per tutti questi mesi, subendo attacchi strumentali, ingiusti, demagogici e faziosi”

Al di là del “falso”, all’ex cda dell’Amia viene imputato di aver creato un enorme “buco”, a causa di manovre politiche e clientelari.
“Noi abbiamo amministrato l’Amia tra mille difficoltà, soprattutto economiche. Difficoltà derivanti soprattutto da un contratto di servizio fermo al 1998. Nel frattempo sono aumentate le spese, il costo della vita, carburante, luce, telefono. E poi c’è la stabilizzazione di 950 precari. Tutto ciò ha inciso sul bilancio dell’azienda”.

Suscitando le critiche dell’opposizione in consiglio comunale
“Si è giunti a parlare di sperperi, buchi o, peggio, di ammanchi. L’opposizione ha dimostrato di voler fare politica nel senso più becero e meno corretto del termine”.

I suoi detrattori hanno spesso dipinto l’Amia come un carrozzone politico-clientelare.
“Si parla sempre di clientelismo. Ma non capisco in cosa consista. Nel 2004 venne fatta una scelta politica, che tutti abbiamo condiviso: quella di risolvere un problema che è allo stesso tempo sociale ed etico, quello del precariato. Un problema, tra l’altro, che non abbiamo creato noi”.

Si riferisce alle passate amministrazioni? A quella di Orlando in particolare, come hanno sottolineato alcuni suoi compagni di partito?
“Sì, noi abbiamo ereditato un problema creato da altri e ci siamo trovati di fronte a un bivio: trovare una soluzione per tutta questa gente che è stata illusa, utilizzata e presa in giro, o mandarli a casa. È chiaro che quest’ultima opzione avrebbe creato problemi a numerose famiglie, oltre che grande tensione sociale”.

Quindi una scelta “nel bene” dei cittadini palermitani…
“Mettiamola così, l’Amia è l’azienda che maggiormente si prestava ad accogliere un numero così alto di precari. Ma va ricordato che tutta questa gente, e quindi anche le loro famiglie, sono passati da uno stato di totale aleatorietà a un contratto di categoria, con tutti i diritti riconosciuti”.

Ma molti hanno criticato la scelta dell’alternanza del posto di lavoro tra padri e figli.
“Mi pare davvero strano che oggi tutti si lamentino di questa scelta, che fu non solo voluta, ma proposta da tutte le sigle sindacali, nessuna esclusa. È davvero singolare che chi, ieri, sollecitava questi interventi e perorava certe cause, oggi si faccia paladino di questa strana battaglia anti-clientelare. E quella decisione, non solo ebbe il consenso di tutti, ma fu molto utile all’azienda”.

In che senso?
“Nel senso che si ebbe, in questo modo, un vantaggio sia economico che operativo. Introdurre persone al primo livello, al posto di gente che era già più avanti, comportava un risparmio negli stipendi. Inoltre, queste forze fresche erano più motivate e potevano più agevolmente essere utilizzate per lavori faticosi e manuali”.

Cosa consiglierebbe oggi, al suo successore Caruso? E si rimprovera qualcosa nella sua gestione?
“Al nuovo Cda consiglio di spingere per la rinegoziazione del contratto di servizio. Per quanto mi riguarda, credo che le scelte fatte durante la mia gestione fossero le più ragionevoli in quel momento. Le difficoltà economiche dovute a una stabilizzazione voluta da tutti e da un contratto di servizio non adeguato ai costi attuali, ci mettevano di fronte a un bivio: mandare al fallimento dell’azienda, gettando sul lastrico 2.500 famiglie, o portare avanti l’Amia tra grandi difficoltà”.

E voi avete scelto la seconda…
“Abbiamo fatto il necessario per preservare i posti di lavoro. Ci siamo rivolti prima al Credito bancario, quindi al credito dei fornitori”.

Un debito dell’azienda che ha provocato, alla lunga, enormi disservizi anche in tempi recentissimi.
“Il debito è frutto di scelte condivise. Per quanto riguarda la qualità del servizio, credo che l’Amia abbia attraversato tre fasi: quella iniziale di rodaggio e grandi difficoltà, una seconda fase di grande crescita qualitativa, riconosciuta anche dall’opposizione o dalla stampa più intransigente. Infine, l’ultima fase nella quale le difficoltà economiche hanno finito inevitabilmente per ricadere sulla qualità del servizio. Ma io non mi pento delle mie scelte”.


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