PALERMO – Davide Faraone ha lanciato l’idea come base di partenza per “costruire il campo largo del centrosinistra” a Palermo, ma l’effetto immediato è stata la spaccatura di quel Pd che nei piani del sottosegretario dovrebbe valutare la rinuncia al simbolo per saldare l’alleanza con Leoluca Orlando. Faraone punta all’unità del centrosinistra, “perchè il simbolo – sostiene – non può diventare ostacolo al dialogo con la coalizione”, ma sono i democratici, intanto, a rischiare di arrivare in ordine sparso alle Amministrative di primavera.
L’uscita del sottosegretario, che ha ricevuto un via libera preventivo da Roma, non è piaciuta a uno dei suoi uomini più fidati, il segretario provinciale dem Carmelo Miceli, convinto oppositore di Orlando, secondo cui la rinuncia al simbolo nella quinta città d’Italia sarebbe “troppo”. “Certo, del simbolo dispongono i dirigenti nazionali, non il provinciale – ha ricordato Miceli -. Ma della mia identità e dignità politica dispongo io”. Parole in sintonia con due componenti della segreteria regionale del Pd, Antonio Ferrante e Carmelo Greco: “Il Pd a Palermo, come nelle grandi città chiamate al voto nella prossima primavera, dovrà presentarsi con il proprio simbolo – è stata la presa di posizione – ed è un fatto grave che a propendere per soluzioni diverse siano illustri dirigenti nazionali nonché membri del governo”. Con Ferrante e Greco anche Silvia Licata, segretaria Pd di Agrigento, e Maria Concetta Serse, componente della direzione regionale. Poi l’attacco frontale a Faraone: “E’ tempo che la base del Pd difenda il proprio impegno e la propria dignità verso coloro che, dopo averci condotto a sconfitte umilianti, hanno anche il coraggio di svendere il nostro simbolo in cambio di qualche poltrona”.
Gli inevitabili distinguo a seguito della proposta Orlando vanno comunque al di là del vero problema del Pd palermitano: l’assenza di un proprio nominativo in grado di riunire le anime del partito e rappresentare l’alternativa valida a quell’elettorato che non si riconosce nel sindaco uscente. Negli ultimi giorni i democratici hanno registrato la candidatura ufficiale di Nadia Spallitta, renziana e vicepresidente del consiglio comunale, che ha dato vita al comitato civico ‘Palermo Città Futura’ per lanciare la propria candidatura autonoma a Palazzo delle Aquile. Quella dell’avvocato palermitano non è l’unica voce fuori dal coro del partito: anche Antonella Monastra e Salvo Alotta, due consiglieri comunali con in tasca la tessera dem, si sono mossi in autonomia entrando nella squadra di Fabrizio Ferrandelli, altro candidato alla poltrona più importante di Palazzo delle Aquile. Sul nome del giovane bancario, ex deputato regionale Pd, inoltre, avrebbero fatto rotta anche diversi consiglieri di circoscrizione eletti cinque anni fa nelle file dei democratici.
Uno scenario di frammentazione che facilita inevitabilmente i sostenitori dell’intesa col ‘professore’ che il 29 gennaio aprirà la sua campagna elettorale al teatro Golden, forte degli accordi già in tasca con Sicilia Futura e con i socialisti che dovrebbero dare maggiore spinta in virtù della nuova legge elettorale con l’effetto trascinamento delle liste sul candidato sindaco. La questione sarà oggi sul tavolo del vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini, che incontrerà una delegazione dem di Palermo incaricata di verificare le condizioni per costruire l’accordo con Orlando. All’incontro parteciperanno Miceli, il responsabile regionale dell’organizzazione Antonio Rubino, il deputato di Areadem Teresa Piccione, il sindaco di Misilmeri Rosalia Staderelli e il segretario siciliano Fausto Raciti.
