Anche i morti chiedono un prestito| Undici persone sotto accusa - Live Sicilia

Anche i morti chiedono un prestito| Undici persone sotto accusa

Chiuse le indagini su un banda che avrebbe truffato diverse società finanziarie, sfruttando l'identità di persone decedute. Incassati prestiti per 350 mila euro.

PALERMO – Il signor Giuseppe aveva chiesto due prestiti. Uno dopo l’altro, il 30 e 31 maggio del 2007, per un totale di 20 mila euro. La signora Vincenza non doveva navigare in buone acque se nel giro di un anno aveva bussato tre volte alla porta di altrettante finanziarie per un totale di quaranta mila euro. Massimiliano, un ragazzo di vent’anni, di soldi ne aveva ottenuto dieci mila. E la lista potrebbe proseguire a lungo. Tutti coloro che ne fanno parte hanno una caratteristica in comune. Le firme in calce alle pratiche non potevano essere autentiche, visto che erano tutti deceduti.

Nel registro degli indagati della procura di Palermo sono finite undici persone. Per tutti il pubblico ministero Vania Contrafatto ha chiesto il rinvio a giudizio. Si tratta di Anna Pensabene, Giacomo Mancuso, Lorenzo Motisi, Carola Marino, Teresa Orlando, Pietro Misia, Marco Abbate, Rosalba Motisi, Lorenzo Di Simone, Filippo Sinatra, Tiziana Mongelli. Rispondono, a vario titolo, di truffa e falso. Perché per intascare, come sostiene l’accusa, 350 mila euro di prestiti, pagare solo le prime rate e fare perdere le proprie tracce, avrebbero costruito identità fasulle, sfruttando i dati di persone defunte.

Un sistema tanto macabro, quanto efficace. E così nella pratica per il finanziamento venivano allegati: carta di identità, patente di guida, codice fiscale, copia della busta paga, Cud e conto corrente aperto presso una banca o un ufficio postale dove veniva canalizzata la somma erogata. L’inchiesta prese le mosse da un’ispezione anti riciclaggio negli uffici della Pensabene, mediatore finanziario che lavorava sia a Palermo che a Bagheria. I finanzieri del nucleo di Polizia valutaria acquisirono una serie di elementi che finirono sul tavolo del magistrato.

Scattarono così le intercettazioni che offrirono uno spaccato dell’organizzazione. Solo per fare un esempio. Le cimici captarono una conversazione in cui la Pensabene spiegava a Motisi “… appena arrivo in ufficio, vado al municipio a uscire la residenza per mio fratello… e poi vedo,vedo un’altra cosa e ti vengo a prendere per il cimitero”. Il riferimento al cimitero era fin troppo esplicito per non attirare l’attenzione degli investigatori.

 


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