CATANIA – La cupola di Adrano è stata decapitata grazie alle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia e alle indagini della Squadra mobile guidata da Antonio Salvago, sotto il coordinamento della Procura di Carmelo Zuccaro. Un’organizzazione ben radicata, già descritta in numerose sentenze, guidata dal boss Alfio Santangelo. Un pezzo da novanta, già condannato per associazione mafiosa, Santangelo sarebbe stato in grado di mantenere i contatti con il clan anche da dietro le sbarre, dove è stato per ben 20 anni, fino al marzo del 2008.
I VERBALI DI ROSANO – Il pentito Valerio Rosano riconosce nell’album fotografico Alfio Santangelo, “detto Taccuni – dice ai magistrati – boss storico e capo del clan. Lo stesso anche mentre era detenuto dopo il 2010 continuava a comandare il clan e ogni nuova affiliazione doveva avere il suo consenso ed anche per gli stipendi decideva lui chi doveva averlo ed a quanto doveva ammontare lo stipendio. Mio padre mi disse che gli era stato proposto di essere il reggente del clan Santapaola su Catania e ciò all’epoca in cui c’era Daniele Nizza a Catania e quindi circa nel 2010 o 2011 ma lui si rifiutò perché voleva rimanere responsabile per i paesi della provincia di Catania sempre per il clan Santapaola”.
SUMMIT – Il collaboratore ricorda che nel 2016, mentre si trovava recluso, Silvio Corra gli raccontava dei summit in campagna con Alfio Santangelo, Vito Romeo, Francesco Santapaola, Franco Amantea. Il boss Santangelo avrebbe avuto il ruolo di rappresentante del clan di Adrano e di responsabile “per tutti i paesi”. In questi summit so che si parlava di estorsioni e di importanti appalti e so che le imprese interessate erano di tale Monteleone, ed inoltre si parlava dell’affare delle macchinette videogioco (slot machine). Sino all’inizio del 2017 ho saputo da Giuseppe La Mela che ancora dal carcere tramite i colloqui con la moglie Alfio Santangelo decideva sugli stipendi degli affiliati e sulle nuove affiliazioni, ed anche io e mio padre ricevevamo in carcere lo stipendio tramite mio cugino Nicola che dava a mia madre i soldi avuti dal clan. Come ho detto inoltre Alfio Santangelo nel 2014 ha voluto l’incontro chiarificatore con mio padre e mio fratello Francesco e mio cugino Nicola per farci rientrare a pieno titolo nel clan. In particolare mio padre da sempre faceva parte del clan mentre i0 ed i miei fratelli in precedenza spacciavamo più per i fatti nostri ma poi lo abbiamo fatto solo per conto del clan quali soggetti inseriti nel clan stesso. Fu proprio Alfio Santangelo a portare la pace tra la mia famiglia ed il clan Santangelo”.
DROGA E NIZZA – Alfio Santangelo avrebbe anche gestito il traffico di droga della famiglia e soprattutto le forniture di rilievo anche a clan e gruppi catanesi. Un ruolo di primo piano. “Il Santangelo – svela il pentito Valerio Rosano – io sapevo da altri affiliati come Nicola Mancuso che quando era detenuto al carcere di Opera aveva preso contatti con esponenti della ndrangheta calabresi per la fornitura di cocaina. Successivamente nel 2010 e 2011 già sapevo da Nicola Mancuso che lo stesso forniva il gruppo dei fratelli Nizza consegnando loro circa 10 Kg di cocaina a settimana. Successivamente in carcere a Siracusa di recente ho saputo da Fabio Rapisarda cognato di Massimo Salvo detto “U carruzzeri” e da Calogero Sebi che il clan Santangelo forniva anche a loro cocaina per circa 10 Kg a settimana e mi dissero che gli accordi venivano presi direttamente con lo stesso Alfio Santangelo che sempre era presente a questi incontri in campagna.
KILLER PENTITO – Il killer pentito Aldo Navarria, parla dei summit con Alfio Santangelo, “Nino Crimi, Nino Quaceci ed altri cinque ragazzi. A parte due riunioni con queste persone ho avuto frequenti contatti con gli stessi per il tramite di Mirko Presti che mandavo ad Adrano. Verso la fine del 2014 se ben ricordo fu organizzata una riunione del clan Santapaola ed io venni convocato da Vito Romeo per conto di Francesco Santapaola. Ricordo che avevamo appuntamento sulla strada che porta da Paterno ad Adrano e li ero con Prezzavento Antonino che mi accompagnava e seguimmo una macchina ed arrivammo poi ad Adrano in un ristorante ed era tardo pomeriggio e li erano presenti Alfio Santangelo, Nino Crimi, Nino Quaceci ed altri del loro gruppo. Al tavolo principale eravamo seduti io, Alfio Santangelo, Roberto Vacante, Alfio Carciotto, Francesco Santapaola, Antonio Tomaselli, Alfio Cardillo per conto di Giovanni Comis che non era potuto venire, e non ricordo ora chi altri. Ricordo però che poi Nino Quaceci venne fatto accomodare al nostro tavolo perché persona più importante del gruppo di Adrano dopo lo stesso Santangelo. Poi vi era un secondo tavolo dove vi erano seduti tutti quelli che ci avevano accompagnato tra i quali Nino Prezzavento, Nino Crimi, Vito Romeo ed altri anche del gruppo di Adrano”.
APPALTI – Nel mirino della mafia anche gli appalti della Circumetnea, svela Navarria. “Il tema dell’incontro – dichiara il pentito Navarria – era un appalto che per un’opera, credo la ferrovia circumetnea, che partiva da Catania ed attraversava vari paesi etnei, e si parlava delle ditte interessate ai lavori e si diceva che alcune erano già collegate al clan Santapaola altre invece dovevano essere poste sotto estorsione e comunque tutti i soldi provento dei lavori relativi a tale appalto e provenienti dalle ditte interessate dovevano essere messi in una “bacinella” comune del clan e poi dovevano essere divisi tra i responsabili delle relative aree territoriali. Durante la riunione Alfio Santangelo disse che però prima Aldo Ercolano doveva dare 130 mila euro di un precedente appalto, anche se io non sapevo esattamente a cosa si riferisse atteso che al tempo ero detenuto. Ricordo che Antonio Tomaselli disse al Santangelo di lasciare perdere questa vicenda perché era ormai passata. A questa riunione non vennero Turi Catania di Bronte e Pippo detto l’avvocato di Biancavilla ed Alfio Santangelo si prese l’impegno di dire a queste due persone che si sarebbe fatta un’altra riunione per decidere se fare partecipare tutti o se escludere qualcuno”.