PALERMO – Paolo Arata attendeva buone notizie dal Parlamento. Così diceva il 22 gennaio scorso. La partita romana del professore genovese in affari con Vito Nicastri va aggiornata a meno di tre mesi fa. L’inchiesta è quella che ha portato all’aggravamento della misura cautelare per Nicastri, tornato in carcere.
Le microspie registrano le preoccupazioni di Arata, sotto inchiesta per intestazione fittizia con l’aggravante di mafia, già nell’aprile 2018. A Manlio Nicastri, figlio di Vito, diceva “… quanti errori abbiamo commesso noi da tutte queste iniziative?… dobbiamo anche stare un po’ più attenti… io mi sono fidato moltissimo, però la sintesi è che qui abbiamo le turbine che non funzionano… che non danno l’incentivo… eh capisci che devo essere un po’ più prudente adesso…io mi sono fidato un po’ troppo, hai capito…di tutti e adesso però mi trovo con il culo a bagno, perché sono veramente molto malmesso…molto malmesso, perché qui se io non riesco ad integrare comunque ogni mese i soldi rischiamo il fallimento…”.
Arata economicamente sovraesposto: “… che tu basta che non paghi una rata con la banca che vai subito nella lista dei negativi…io dal prossimo mese devo pagare quelle vostre di Solcara (una delle aziende create per il business delle energie alternative)…devo pagare le mie e cazzo… ogni mese sono 10, 15.000 euro al mese se mi va bene da mettere li… finché non riusciamo a ripristinare la tariffa effettiva, se ci riusciamo, perché non lo so se ci riesco dipende…dipende… io ci provo ci sto provando…quindi non è una cosa semplice”.
Il 22 gennaio scorso Arata era ancora più esplicito:“… tuo papà… ho adesso l’impressione che mi reputa un coglione, gli succhiamo tutto il sangue che è possibile, tanto è del nord…”. Aveva continuato ad anticipare soldi mentre gli altri, Nicastri in particolare, non metteva mani al portafogli.
Secondo i pm di Roma e Palermo, per garantire gli affari delle aziende Arata si sarebbe rivolto al sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri, indagato per corruzione perché avrebbe intascato una tangente da 30 mila euro. Arata aveva sponsorizzato la nomina di Siri. Avrebbe preferito il ministero dell’Economia, ma alla fine il leghista e ideologo della flat tax, finì ai Trasporti.
Il 30 luglio 2018 Siri propose al capo di gabinetto del ministero dello Sviluppo economico di inserire una modifica al decreto ministeriale del giugno 2016 sugli “incentivi per gli impianti”. In questa maniera sarebbero state riconosciute “tariffe incentivanti più alte anche ai proprietari degli impianti Fer (fonti di energia rinnovabili) che ne avrebbero avuto diritto, ma hanno perso tale agevolazione in quanto hanno trasmesso tardivamente la documentazione necessaria al Gse (Gestore dei servizi energetici) per la verifica dei requisiti”. Una norma che sembrava costruita su misura per le aziende di Arata. Al ministero per lo Sviluppo economico guidato da Luigi Di Maio bocciarono la modifica.
Siri ci avrebbe riprovato inserendo un emendamento analogo nella legge di bilancio per concedere gli incentivi “agli impianti entrati in esercizio fino alla data del 30 settembre 2017 e che documentino di aver inviato la comunicazione di fine lavori al competente gestore di rete entro il 30 giugno 2017”. Il testo fu inviato al senatore della Lega Massimiliano Romeo che lo girò al ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, del M5s. Il 14 dicembre 2018 Fraccaro fece sapere che l’emendamento era stato bocciato, inviando una e mail anche all’ufficio legislativo dei Trasporti: “… l’orientamento tecnico è contrario in quanto si sposta in avanti un termine per l’applicazione agli impianti a fonti rinnovabili di tariffe incentivanti più vantaggiose. Così si registrerebbe un impatto negativo sulle bollette per riconoscere un vantaggio ad impianti comunque già entrati in esercizio”.
Ora si scopre un passaggio politico molto più recente. Il 22 gennaio 2019 Arata spiegava al figlio di Nicastri che per risolvere la situazione economica “ne abbiamo due di soluzioni, non ne abbiamo una… una, che io devo portare la tariffa al massimo livello, oggi in parlamento c’è la legge sulla … eh… come si chiama… eeh… sulla… ee… ouh… non procedura, va be, c’è…”.
Il resto delle frasi è coperto dagli omissis apposti dagli agenti della Direzione investigativa antimafia. Di sicuro in giorni di gennaio nelle commissioni parlamentari si discuteva del “Decreto semplificazione” nel cui testo si parlava anche di energie alternative.