PALERMO – Le ombre non si diradano. Al contrario si addensano. Le sommarie informazioni testimoniali dell’assessore regionale Toto Cordaro nell’inchiesta sulle tangenti nel settore delle energie alternative svelano una stagione di pressioni e operazioni sottobanco.
Paolo Arata, prof universitario ed ex consigliere della Lega per i temi energetici, si è dato un gran da fare per ottenere il via libera alla realizzazione di due impianti di biometano, in società con Vito Nicastri, il “re del vento” in affari con la mafia. Nicastri ha patteggiato una condanna a due anni e dieci mesi di carcere, mentre Arata è ancora sotto processo insieme ai funzionari regionali che avrebbero intascato le mazzette.
Le autorizzazioni per gli impianti sono state bloccate in assessorato. Ed è proprio l’assessore al Territorio e ambiente, Toto Cordaro che il 28 novembre scorso è seduto, in veste di testimone, davanti al procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido e al sostituto Gianluca De Leo. “Nel giugno-luglio del 2018 ricevetti una telefonata da Giuseppe Sottile, storico segretario di Calogero Mannino (l’ex ministro, ndr) – racconta Cordaro -. Sottile mi chiese di incontrare Paolo Arata, ex parlamentare di Forza Italia, senza specificare i motivi dell’incontro. Incontrai quindi Arata dopo qualche giorno”.
L’assessore si insospettì quando Arata “si presentò come responsabile dell’energia e ambiente nel centrodestra, locuzione che in quel momento mi sollevò non poche perplessità in ragione del fatto che notoriamente il centrodestra, come aggregazione politica in quel momento non esisteva”. Arata gli disse “che in quel periodo erano pendenti due progetti per costruzione di impianti di biometano, progetti avanzati da una società riconducibile proprio ad Arata. Mi chiese espressamente di ottenere un provvedimento di non assoggettabilità alla Via da parte della Commissione specialistica”.
La Valutazione di impatto ambientale era necessaria e Arata, racconta Cordaro, “in sostanza mi chiese di intervenire nelle attività della commissione orientando in qualche modo la decisione”. Voleva aggirare l’ostacolo. L’assessore ne parlò con il dirigente Mario Parlavecchio che studiò i fascicoli e “senza mezzi termini” concluse che la Via era inderogabile.
Niente da fare, dunque. Le “sollecitazioni” però proseguirono: “Tuttavia nei giorni successivi Arata continuò a cercarmi ma anche in ragione del fatto che non volevo in ogni caso dare anticipazioni o comunque informazioni sulla pratica che in quel momento era ancora pendente presso la Commissione Via non gli rispondevo”. E così “il 26 e 27 novembre 2018 Arata mi mandò ancora due messaggi insistenti per ottenere una interlocuzione con me, uno dei quali particolarmente piccato, messaggi la cui stampa produco”. I messaggi Whatsapp fanno ormai parte del fascicolo della Procura.
Dopo Arata qualcun altro iniziò ad attivarsi. Era un collega di giunta di Cordaro: “L’assessore all’energia Alberto Pierobon, a iniziare dall’autunno del 2018, iniziò a invitarmi e più volte a sollecitare gli uffici competenti ed evadere la pratica di Arata. L’impressione che ebbi è che Pierobon desse per scontato che la commissione si esprimesse nei termini evoluti da Arata”. Una volta “Pierobon, insieme a Paolo Arata, mi venne a trovare all’inizio di una seduta parlamentare chiedendomi ancora una volta della pratica pendente e sollecitandomene ancora una volta la definizione”.
L’esito non cambiò, sia l’impianto di Francofonte che quello di Gallitello dovevano ottenere la valutazione di impatto ambientale. Le sollecitazioni, però, non finirono. Anzi, il livello politico si alzò: “Nel marzo del 2019 Saverio Romano (anche lui ex ministro, ndr) mi disse che aveva ricevuto una chiamata da Gianni Letta (braccio destro di Silvio Berlusconi, ndr) che si lamentava di un trattamento non adeguato da parte mia nei riguardi di Paolo Arata, facendo riferimento ai progetti per il biometano. Io risposi che l’argomento non era oggetto di discussione”.
Da allora, il silenzio, anche se, conclude Cordaro, “ho compreso che alle mie spalle ci sono state interlocuzioni da me non certamente autorizzate né conosciute”.