Fave, "sparacelli" e soldi | E i forestali chiudevano gli occhi - Live Sicilia

Fave, “sparacelli” e soldi | E i forestali chiudevano gli occhi

Le intercettazioni del blitz di Palermo. I pm parlano di "consolidato sistema criminale".

 

PALERMO – Gli uffici del distaccamento del Corpo forestale di via Villagrazia, a Palermo, erano imbottiti di microspie. E registrarono in diretta prima la richiesta di denaro e poi la consegna delle banconote.

“Ispettore non mi rovini, più di quanto sono rovinato… mi dica cosa devo fare e lo faccio”, diceva il titolare di un’impresa edile che stava realizzando un pozzo nel terreno di un privato a Ciaculli. Di fronte aveva l’ispettore Antonio Sacco, uno dei tre agenti forestali finiti ai domiciliari, che prese tempo: “Allora facciamo una cosa. Lei mi dia il tempo di parlare con il commissario”. Il commissario è Antonio Polizzi, pure lui finito ai domiciliari, comandante del distaccamento di Villagrazia del Corpo forestale regionale. Una manciata di minuti dopo Sacco si rifà vivo: “Mi ha detto ora”, e fa un gesto con le dita. L’imprenditore: “Duecento euro?”. Non ha capito bene. La cifra è più alta: “Duemila euro”. “Non ce li ho duemila euro, ispettore, ho questi qua, mi faccia 500 euro, grazie ispettò grazie sempre”. “Se ne vada”, lo liquidò Sacco.

L’imprenditore, convocato dagli investigatori, ammise di avere pagato per evitare guai. Non era in regola. La sua denuncia è finita nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Filippo Serio, su richiesta del procuratore aggiunto Bernardo Petralia e dei sostituti Daniela Varone e Siro De Flammineis.

Non è stato l’unico a denunciare i soprusi. Stessa cosa ha fatto il proprietario di un terreno finito sotto sequestro. Nel suo caso le procedure amministrative sarebbero stata bloccate dietro un pagamento in natura: “Il commissario Polizzi mi ha sequestrato un terreno e io iniziai a regalargli verdura, sparacelli, fave mi sentivo in dovere di regalare… Polizzi e questo Nino si portavano quello che volevano, il ben di di Dio si sentivano, i padroni del posto”.

L’accusa contestata agli indagati è di avere trasformato il distaccamento in una piccola isola di potere e abusi. Un distaccamento grande che, oltre alla borgata di Villagrazia, ha competenza anche su Monreale, Altofonte, Belmonte Mezzagno, Villabate e Ficarazzi. Le future indagini serviranno a capire fino a quanto esteso fosse quello che i pm definiscono un “consolidato sistema criminale per spadroneggiare nel territorio di competenza, incutendo timore in imprenditori e cittadini”.

A indagare sul sistema sono stati gli stessi colleghi del commissario e degli ispettori coinvolti nell’inchiesta. Uno di loro, infatti, non ha esitato a denunciare quando ha capito che la legalità non era di casa a Villagrazia. L’ispettore Salvatore Di Lorenzo, infatti, raccontò di essere stato avvicinato da Sacco, che gli riferì di intercedere su richiesta di Pulizzi, il quale gli aveva chiesto di “ammorbidire” il controllo eseguito in un cantiere. Ed invece l’ispettore ha messo tutto a verbale.

Nei guai, oltre a Polizzi e Sacco, è finito un altro ispettore, Salvatore La Piana, un dipendente dell’Amia, Antonino Chiazzese, e il figlio Giuseppe, titolare di una piccola impresa edile. Erano questi ultimi due, raggiunti dall’obbligo di presentazione in commissariato, a fare da intermediari fra i cittadini che avevano irregolarità da nascondere e i pubblici ufficiali disposti a chiudere entrambi gli occhi. Ora viene loro contestato, tra gli altri, il reato di induzione a promettere o dare utilità. Una forma più lieve, ma sempre grave, di concussione.

 


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