Arresto, condanna e indagine: i giorni neri di Fratelli d'Italia

Arresto, condanna e indagine: i giorni neri di Fratelli d’Italia

Accuse, difesa e strategie. Ci sono non pochi grattacapi

PALERMO – La condanna in secondo grado del coordinatore regionale e senatore Salvo Pogliese, l’arresto dell’aspirante candidato sindaco di Catania Pippo Arcidiacono, l’indagine per verificare il presunto ruolo di Ruggero Razza in una raccomandazione e, sullo sfondo, l’inchiesta sull’appalto di Cannes, con l’apertura di tre filoni di indagine e non poche scosse politiche.

I giorni difficili di Fratelli d’Italia corrono sull’asse Catania – Palermo, a cavallo tra i due palazzi di giustizia e i faldoni difensivi predisposti dagli avvocati, per evitare che l’onda dell’ultima settimana, possa trasformarsi in uno tsunami.

Giustizia e prudenza

Non bisogna correre l’errore di anticipare i tempi della giustizia per evitare ciò che è accaduto a un’altra candidata di Fratelli d’Italia, arrestata (il suo nome non è giusto farlo) e oggi destinataria di una richiesta d’archiviazione. Ma più tronconi colpiscono figure chiave del partito di Giorgia Meloni, proprio alla vigilia delle elezioni più importanti, a livello nazionale, nella tornata delle amministrative: Catania.

La città pupilla degli occhi di Almirante, grande serbatoio di voti del centrodestra, oggi si confronta con una questione morale che coinvolge sinistra e destra. Enzo Bianco è stato costretto, dall’incandidabilità stabilita dalla Corte dei Conti, a fare un passo indietro molto amaro. Nella Lega c’è qualche grattacapo per le indagini su Luca Sammartino, che ha respinto fermamente ogni accusa e, Fratelli d’Italia, al momento, è in allerta rossa.

La condanna di Pogliese

Salvo Pogliese è stato condannato dal tribunale di Palermo a due anni e tre mesi, con una pena quasi dimezzata rispetto al primo grado tra contestazioni non riscontrate, alcune non costituenti reato e altre prescritte.

L’interdizione dai pubblici uffici da perpetua è divenuta di un solo anno, ma all’orizzonte, per il senatore ed ex sindaco di Catania, c’è lo spettro – per la seconda volta – della legge Severino.

Le interpretazioni sono spesso contrastanti, ma una pena superiore ai due anni potrebbe avere conseguenze sulla sua permanenza a Roma. Non a caso, oltre al luminare Giampiero Torrisi, Pogliese ha coinvolto gli avvocati Franco Coppi e Francesco Bertorotta.

Pogliese ha sempre respinto le accuse, è uno degli incastrati perché ha prodotto delle ricevute che non aveva obbligo di produrre, ma che proverebbero il peculato, cioè aver utilizzato fondi da non rendicontare, per altri scopi. Si sarebbe trattato di “rimborsi” per spese precedentemente sostenute, hanno detto i suoi legali, ma la palla passa adesso alla Cassazione con un’ombra insistente della prescrizione.

L’arresto e le nuove indagini

L’ultima settimana è stata ad alta tensione nei piani alti di Fratelli d’Italia, perché uno dei più impegnati aspiranti candidato sindaco, cioè Giuseppe Arcidiacono, cardiologo con un lungo curriculum politico, è stato arrestato con numerose accuse.

Le accuse sono pesanti, anche se l’indagine è alle fasi iniziali, a vario titolo, Arcidiacono e altre tre medici sono accusati di corruzione e turbata libertà degli incanti.

Non è un nome di secondo piano, Arcidiacono, da sempre impegnato in politica, cardiologo molto noto, aveva ricoperto la città di cartelloni che annunciavano la sua discesa in campo come candidato sindaco. E dentro questa inchiesta ci sono anche gli ex assessori Scavone e Ruggero Razza, per quest’ultimo l’ipotesi è di aver raccomandato qualcuno in un bando pubblico poi sistemato ad hoc. Tutto da verificare.

“Spalmiamo” i soldi, dicevano gli indagati, perché “abbiamo l’esigenza di comprarci l’area Razza”. I magistrati valuteranno il ruolo effettivo nella procedura, espletato da Razza mentre era assessore alla Sanità del governo Musumeci. La parola passa al giudice.

Il caso Cannes

Tre inchieste, nessun indagato ufficialmente, ma gli scossoni politici ci sono stati. Solo ipotesi giudiziarie. Cambio di deleghe tra gli assessori, scontri al vetriolo con l’ex vertice politico del Turismo, Manlio Messina, oggi deputato, la scure dell’avvocatura regionale che ha dato ragione alla revoca disposta dal presidente Renato Schifani, due pronunce dei tribunali amministrativi e l’ipotesi che l’inchiesta della Procura possa allargarsi a livello nazionale.

Le spine non sono poche per Fdi, i giorni neri continuano. Ma non è detta l’ultima parola.


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