Ars, franchi tiratori e manovra: regge il tandem Schifani-Galvagno

Ars, la manovra e i franchi tiratori: regge il tandem Schifani-Galvagno

I nodi nella maggioranza

PALERMO – Il selfie scatta intorno alle 14, il governatore Renato Schifani e il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno festeggiano la manovra ter. Sorrisi dopo i confronti accesi, con l’opposizione, in Aula.

Nonostante la partenza al rallentatore, l’impegno di approvare la manovra prima della pausa estiva è stato comunque rispettato.

Un percorso a ostacoli in alcuni momenti, interni ed esterni rispetto alla maggioranza. Con un fondale che giustifica il selfie: l’intesa tra Galvagno e Schifani ha retto.

Non era scontato dopo l’assenza di Galvagno in una delle riunioni di maggioranza che hanno preceduto la commissione Bilancio. Non lo era dopo la chiusura delle indagini a carico del presidente dell’Ars, che, dal canto suo, ha ribadito di non aver avuto ‘alcuna utilità personale’.

Non lo era per il clima da ‘dopo Galvagno’ che si respirava in alcuni ambiti della maggioranza, quando si pensava a un sostituto per la presidenza dell’Ars.

Manovra ter, la corsa a ostacoli

Lunedì il primo rinvio, con i banchi vuoti della maggioranza e l’opposizione pronta a votare, asfaltando gli articoli. Poi il rientro di Galvagno da Roma. Secondo giorno di seduta, 1.400 emendamenti e l’opposizione ‘sul piede di guerra’, che ha utilizzato tutti gli strumenti previsti dal regolamento: interventi per ciascun emendamento, interventi prima di ciascuna votazione, discussioni col voto segreto.

Il risultato, sette ore per un solo articolo, ha portato la questione ai piani alti: la Capigruppo ha applicato, per la prima volta, la ‘tagliola’ sui tempi e gli interventi.

Boati in aula, momenti di tensione, con La Vardera che si imbavaglia con la cravatta e l’opposizione che accusa di fascismo la maggioranza. Galvagno dosa pause e regole, prende un Oki. Schifani prende la parola: motiva, dal suo punto di vista, le accuse di ostruzionismo nei confronti di Pd, M5s e Controcorrente, ripercorre le ragioni della manovra e i risultati raggiunti.

I franchi tiratori

Poco dopo arriva la prima batosta per la maggioranza: col voto segreto cade il fondo per l’editoria.

E ancora, si avvera il “trappolone” preannunciato giorni prima per “colpire Luca Sammartino”: cade l’articolo che prevede i fondi per la costruzione di laghetti anti siccità. E poco prima del voto, perfino Carmelo Pace, il capogruppo della Dc, si era appellato alla maggioranza. Tanto era chiaro il “piano” dei colleghi di partito: ben 16 voti consegnati all’opposizione. La giornata si conclude con l’accantonamento delle liste d’attesa.

Ultimo giorno, oggi, di buon mattino nella maggioranza fanno gli auguri di onomastico al presidente dell’Ars. Lui va dritto in aula, Renato Schifani poco prima incontra, in via Magliocco, Michele Catanzaro, capogruppo del Pd, Marcello Caruso, coordinatore regionale di Forza Italia, Tiziano Spada del Pd e Antonello Cracolici, presidente della commissione Antimafia del Pd.

Al rientro in aula passano i fondi per le liste d’attesa, ma cade, col voto segreto, l’acquisto dell’immobile di via Cordova. “Non vorrei che fosse un rating per l’assessore Alessandro Dagnino”, aveva ammonito prima del voto Cateno De Luca.

Poi gli ultimi articoli, importanti misure slittano. Appuntamento alle 13.30 a Sala d’Ercole: la manovra ter viene approvata.

Poi il selfie, entrambi si ringraziano nelle note ufficiali. E adesso si guarda avanti, nella maggioranza che, però, deve affrontare il nodo dei franchi tiratori, presenti quasi in ogni partito.


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