Dopo quarant’anni di precariato strutturale, presentare l’aumento delle giornate lavorative come una “svolta storica” appare non solo insufficiente, ma profondamente offensivo per migliaia di lavoratrici e lavoratori forestali. Portare le giornate da 151 a 174, da 101 a 124 e da 78 a 101 non è una riforma: è l’ennesimo rattoppo su una ferita che la politica regionale sceglie consapevolmente di non curare. Si continua a parlare di “passo avanti” e di “gestione sostenibile del territorio”, ma si evita accuratamente di affrontare il nodo centrale: la stabilizzazione di chi da decenni garantisce la tutela dei boschi siciliani in condizioni di precarietà permanente. Migliaia di operai che ogni anno vengono richiamati al lavoro, formati, utilizzati e poi rimandati a casa, senza certezze, senza dignità, senza futuro.Dopo 40 anni, non è accettabile che la Regione Sicilia consideri un aumento di qualche settimana lavorativa come una concessione straordinaria. Non è rispetto, non è valorizzazione del lavoro, non è programmazione. È solo il rinvio dell’ennesima riforma annunciata e mai realizzata.Si parla di sostenibilità ambientale, ma non esiste sostenibilità senza sostenibilità sociale. Non si può difendere il territorio continuando a tenere in ostaggio chi quel territorio lo cura ogni giorno. La vera riforma sarebbe uscire definitivamente dal bacino del precariato, riconoscendo diritti, stabilità e dignità a lavoratori che hanno già ampiamente dimostrato il loro valore.Dopo quattro decenni di attese, promesse e sacrifici, questo emendamento non rappresenta un traguardo: rappresenta l’ennesima occasione mancata. E soprattutto, una grave mancanza di rispetto verso chi chiede solo ciò che gli spetta.


L’inerzia di Musumeci è imbarazzante. Il problema è che l’autorevolezza della Sicilia e delle sue Istituzioni cade sempre più in basso.
La salute di questo Governo è esattamente come quella dei precedenti.
Nè più e nè meno.
Fatto di funamboli sopra un canyon profondissimo.
Bravissimi a non cadere anche se terrorizzati e continuamente oscillanti.
E nessuno cadrà fino all’ultimo momento dell’ultimo giorno in cui potranno godere dei faraonici stipendi che il loro status attribuisce.
Per altri tre anni, come è avvenuto negli ultimi venti anni (ed anche prima ed anche dopo) la corda sulla quale danzano reggerà.
E li porterà da una sponda all’altra del canyon avendo percorso uno spazio vuoto fatto di vuoti.
I rappresentanti delle Istituzioni implicati a vario titolo in questa vicenda dovrebbero fare un passo indietro anche perchè vi è già un pronunciamento della magistratura – ovviamente non ancora definitivo ancorchè emesso su richiesta delle parti – che riconosce la colpevolezza di uno degli attori principali.
Il Presidente Musumeci – persona perbene – dovrebbe intervenire con vigore affinchè gli assessori interessati lascino.