Scatenò la gelosia del boss |Killer alla sbarra - Live Sicilia

Scatenò la gelosia del boss |Killer alla sbarra

Il processo è stato rinviato per un ritardo di notifica.

Omicidio Maccarrone
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CATANIA – Tutto da rifare. E’ stata nuovamente rinviata l’udienza del processo che si celebra davanti alla Corte d’Assise di Catania (presidente Maria Concetta Spanto) che vede alla sbarra i presunti mandanti e killer dell’omicidio di Pietro Maccarrone, freddato il 14 novembre 2014 ad Adrano. Alla sbarra tre imputati, Antonio Magro, Massimo Merlo e Massimo Di Maria. Un ritardo nella notifica a uno dei difensori di Magro, l’avvocato Eugenio De Luca, ha fatto slittare nuovamente il processo che si aprirà (salvo altri rinvii) il prossimo 13 novembre.

Un’udienza di pochi minuti quella che si è svolta questa mattina nell’aula dedicata all’avvocato assassinato dalla mafia Serafino Famà. La pm Assunta Musella ha chiesto e ottenuto per i tre imputati, Antonio Magro (difeso dagli avvocati Guido Ziccone ed Eugenio De Luca), Massimo Merlo (difeso dagli avvocati Giuseppe Milazzo e Roberta Castorina) e Massimo Di Maria (difeso dall’avvocato Roberta Fava) il giudizio immediato. Magro è accusato di essere il mandante, mentre Merlo e Di Maria i componenti del gruppo di fuoco. Nel corso della prossima udienza si aprirà la fase preliminare dell’istruttoria con il deposito degli atti di prova e della lista testi sia da parte della Procura che dei difensori.

A dare un’importante svolta alle indagini della Squadra Mobile sono state le dichiarazioni del pentito Gaetano Di Marco che ha dato precise indicazioni sul movente e su chi fossero i presunti mandanti e sicari. Il collaboratore di giustizia (ex affiliato degli Scalisi di Adrano) ha raccontato agli inquirenti che l’omicidio di Pietro Maccarrone, anche se riconducibile a un movente passionale, sarebbe maturato nell’ambito dei gruppi mafiosi operanti nel triangolo della morte, Paternò-Adrano-Biancavilla. Di Marco ha riferito che il ruolo di mandante lo avrebbe avuto Magro, e quello di killer Merlo. Magro è un affiliato ai Morabito Rapisarda di Paternò, mentre Merlo degli Scalisi di Adrano. Il primo, sarebbe stato geloso di Maccarrone per una presunta relazione con una donna (che forse non sarebbe mai avvenuta) con la quale il mandante aveva avuto a sua volta un rapporto sentimentale, e per questa ragione avrebbe dato ordine di uccidere il 40enne.

Ma la prova principe sono le immagini delle telecamere di videosorveglianza che hanno immortalato gli agghiaccianti momenti dell’agguato avvenuto sotto casa della vittima. Quella mattina Maccarrone si è diretto verso la propria auto, appena è arrivato vicino, è stato affiancato dai due killer a bordo di uno scooter e con il volto travisato dal casco. Con la moto ancora in movimento, il passeggero ha esploso alcuni colpi all’indirizzo del 40enne che si è accasciato sull’asfalto. A questo punto, l’omicida è sceso dallo scooter e ha sparato, da distanza ravvicinata, altri due colpi. A sparare per l’accusa è stato Antonino Merlo, mentre Di Maria era alla guida della moto.

Ma ci sono anche alcune intercettazioni che inchiodano i killer. Merlo, appena un anno fa, parlava del delitto e  si vantava di quanto era stato spietato. “…Ci i’ d’arreri …n’aricchi accussì… PUM – diceva imitando un colpo d’arma da fuoco – ….e gridava…gridava … ittava vuoi”.  Merlo, ancora intercettato, fornisce un dettaglio su quanto Di Maria fosse maldestro a guidare lo scooter. “…Ma se quello non ci sale nel motorino da quando aveva undici anni… non ce la fa neanche a portarlo… ”.


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