Ha rifiutato la casa a un euro che l’amico Sgarbi gli aveva offerto. “Darei il cattivo esempio – ha detto nella sala gremita di gente in attesa di vedere il suo Baaria – trascorro troppo poco tempo in Sicilia. Se il senso del progetto è quello di ricostruire e ripopolare la città, non potrei mantenere l’impegno e darei il cattivo esempio ai tanti altri che hanno aderito al progetto”. Era la prima volta, come lui stesso ha ammesso, che Peppuccio Tornatore metteva piede a Salemi. L’eccentrico primo cittadino del comune trapanese, Vittorio Sgarbi, che ha invitato il premio Oscar per conferirgli la cittadinanza onoraria, aveva anche organizzato una cena per pochi intimi insieme all’amico Tornatore. Ma alla fine la cena è diventata pubblica, come succede spesso a Salemi, e tutta la platea che aveva assistito alla consegna della cittadinanza onoraria si è intrattenuta con regista per una cena in piedi. Poi, tutti al nuovo cinema Kim, per assistere alla proiezione di Baaria, l’ultima discussa pellicola di Tornatore.
Di Baaria si è parlato tantissimo, ha avuto una imponente campagna mediatica. Cosa non è stato detto del suo ultimo lavoro?
“Eh, su questa domanda ci devo pensare (sorride, ndr). È vero, se n’è parlato tanto, ma non sono state dette molte cose. Dentro Baaria ci sono tantissimi spunti, molti argomenti finiscono poi per sfuggire. Ma, sa, poi col tempo tutto viene ripescato, si rivedono le sfumature, si percepiscono particolari precedentemente sfuggiti”.
È vero, dentro il suo film si ritrovano tantissimi argomenti. Come mai la scelta di inserire tutti questi spunti?
“L’idea era di trasformare in film tutto quel mondo caotico, frammentato, di immagini, di suoni, di colori, di oggetti, di sogni, di idee, di speranze, di ambizioni, di leggende, di storie, che messi insieme raccontano i luoghi in cui si è cresciuti e ci si è formati. I luoghi della propria vita, insomma”.
La sua è stata una produzione imponente, eppure forse la risposta del pubblico ha in parte deluso le aspettative che si erano costruite attorno a Baaria.
“Ma non è vero. Qualcuno continua a sostenere questa tesi sbagliata secondo cui gli incassi non sono stati all’altezza. Il film è andato bene. E lo sostengo con convinzione. Baaria non è un cinepanettone. E lo dico con simpatia nei confronti dei cinepanettoni. Non è neanche una commedia generazionale. E lo dico con affetto per le commedie generazionali. Baaria è un film complesso e in quanto tale ha riscontrato una buona risposta da parte del pubblico. Pensi a Gomorra: anche in quel caso l’incasso si è aggirato attorno ai 10 milioni, ma lì si è parlato di un successone. La verità è che ad alcuni giornalisti Gomorra è piaciuto e Baaria no. Liberi di farlo, è giusto che sia così. Io mi sento altrettanto libero di continuare a lavorare ai miei film seguendo i miei metodi. Lei è giovane, magari non lo sa, ma attorno ai miei film si sono sempre sollevate grandi polemiche”.
Però così si torna alla prima domanda. Forse bisogna dire che su Baaria si è detto poco e attorno a Baaria si è detto tanto?
“Esatto, del film, dei contenuti, della storia che si voleva raccontare si è detto veramente poco. Si è parlato tantissimo, invece, dei costi della produzione. Della scelta di girare il film quasi interamente in Tunisia. Del fatto che a Berlusconi il film sia piaciuto”.
Lei poco fa ha detto che Sgarbi conosce il soggetto del suo prossimo lavoro, ma ha aggiunto anche che non vuole anticipare niente. A proposito di lavori futuri, pensa che tornerà a parlare della Sicilia?
“Sa, nel mestiere del cinema la parola mai non si deve pronunciare e non lo farò. Ma credo che Baaria chiuda in qualche modo quella quadrilogia involontaria attraverso cui ho raccontato la Sicilia. Poi, chissà…”.