Bagagli, la confisca e il fallimento | "La colpa è degli amministratori" - Live Sicilia

Bagagli, la confisca e il fallimento | “La colpa è degli amministratori”

L'ex proprietario contesta la nuova decisione del Tribunale e attacca l'amministrazione giudiziaria

PALERMO – Dichiarato fallito per i debiti di una società che negli ultimi sei anni non ha gestito. Non poteva gestirla perché i negozi Bagagli erano in amministrazione giudiziaria.

Lo scorso maggio la sezione fallimentare del Tribunale di Palermo, presieduta da Giovanni D’Antoni, ha dichiarato il fallimento della Bagagli sas, estendendolo al socio accomandatario, Filippo Giardina. Il legale di Giardina, l’avvocato Vincenzo Siracusa, ha proposto un reclamo in Corte di appello contro quella che bolla come un’ingiustizia: “Si tratta di di una questione nuova e mai affrontata – si legge nel reclamo – della dichiarazione di fallimento, in estensione, del socio accomandatario escluso, a seguito del sequestro e della confisca di prevenzione dall’intero capitale sociale, dalla facoltà di amministrare la società”.

Ed ecco il cuore della questione: lo scorso gennaio la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo ha confiscato la società Bagagli – confermando quasi in toto il sequestro che era stato disposto dal vecchio collegio presieduto da Silvana Saguto – che un tempo gestiva negozi di accessori e pelletteria in via Libertà, via Messina e via XX Settembre. Il Tribunale ha applicato a Salvatore Milano, boss di Porta Nuova, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per quattro anni. Giardina, cugino di Milano, è considerato il prestanome del mafioso tanto che anche a lui è stata applicata la sorveglianza speciale. Insomma, la scalata imprenditoriale di Giardina avrebbe goduto della sponsorizzazione e dei soldi di Cosa Nostra.

Il processo chiuso con la confisca è iniziato nel 2013. Altri, e non Giardina, secondo il legale, sono i responsabili dello stato di insolvenza che ha causato il fallimento. L’avvocato Siracusa se la prende con l’amministrazione giudiziaria che ha gestito i negozi, tutti chiusi prima che intervenissero sia la sentenza del Tribunale fallimentare che il decreto di confisca. E lo fa citando le parole dell’amministratore giudiziario Giovanni Coppola subentrato nel 2015 all’avvocato Walter Virga, il quale “per una discutibile gestione amministrativa ed organizzativa e ad un quasi inesistente controllo dei coadiutori condusse sul fine del 2014 e il 2015 ad un gravissimo stato di vera e propria insolvenza”.

Che ci sia stata mala gestio da parte di Walter Virga sia alla Nuova Sport Car di Isola delle Femmine che nei negozi Bagagli ne è convinta anche la Procura di Palermo. Tanto che il pubblico ministero Claudia Ferrari ha inviato l’avviso di conclusione delle indagini a Virga, ai coadiutori e ai consulenti da lui nominati. Ci sarà, dunque, un processo anche a Palermo per lo scandalo della gestione dei beni sequestrati che ha travolto Silvana Saguto, l’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale sotto accusa a Caltanissetta.

La gestione Bagagli fu il primo incarico affidato dal magistrato al giovane avvocato Walter, figlio di Tommaso, presidente di una sezione del Tribunale e membro del Csm (Tommaso Virga è stato assolto a Caltanissetta dall’accusa di abuso d’ufficio in un troncone del processo principale).

Nel 2015 le cimici piazzate dentro la concessionaria Nuova Sport Car registrarono il triste resoconto che un consulente fiscale faceva a Virga sulla contabilità dei negozi. Lo stesso Virga ammetteva che “è stato perso il controllo della situazione… dal magazzino mancano 240 paia di scarpe… oggi c’è uno là dentro che ruba, che è dipendente se oggi noi lo allontaniamo ce ne usciamo meglio”. Un suo coadiutore, senza giri di parole, diceva che nella contabilità del 2013 “c’è un bordello”. Ultimati i conteggi, all’appello mancherebbero 25 mila euro, prelevati in contanti delle casse dei punti vendita.

Alla luce di tutto ciò l’estensione del fallimento a Giardina viene percepita come  un’ingiustizia. Il fallimento del socio accomandatario, che risponde personalmente dei debiti, “si fonda sul suo effettivo dominio e potere gestorio della società”. Ed invece Giardina non lo è più dal 2013. È stata “la scellerata e disastrosa attività amministrativa”, sostiene il legale, a provocare debiti quasi 4 milioni di euro. Il conto, conclude, non può pesare unicamente su Giardina.

 


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