Omicidio a Bagheria: la maestra, la figlia liceale e i sedativi

Omicidio a Bagheria: la maestra, la figlia liceale e i sedativi

Immagine di serenità all'esterno, dentro la casa liti continue

PALERMO – Maestra elementare la vittima, studentessa liceale la ragazza che l’ha uccisa. Erano madre e figlia. All’indomani dell’omicidio di Bagheria gli investigatori stanno cercando di capire cosa possa avere spinto la diciassettenne a strangolare la mamma che di anni ne aveva 55.

La vittima insegnava da anni a Casteldaccia. Era la referente del plesso di via Einaudi. Molto conosciuta e apprezzata da colleghi e genitori degli alunni. La figlia ha frequentato il Liceo classico Scaduto di Bagheria. Un solo anno e poi ha deciso di iscriversi in una scuola di Termini Imerese.

Vivevano nella palazzina di corso Butera, la strada principale della cittadina. Teresa Spanò è rimasta da sola ad occuparsi di una bambina divenuta adolescente da quando il padre, un uomo di origini placche, è uscito dalla loro vita.

Intelligente e vivace: così viene definita la ragazza che ha confessato il delitto. Chi la conosce non aggiunge altro. Qualcosa trapela a taccuino chiuso. Da qualche tempo era insofferente per la convivenza con la madre. Le compagnie, le uscite, gli orari: lo scontro era spesso duro, acuito dalle condizioni di salute della donna.

Cosa dicono i vicini

Dall’esterno l’immagine era quella di un rapporto normale. Il panettiere, il bottegaio di frutta e verdura, la gente del quartiere conservano il ricordo di una donna serena. Almeno così sembrava quando la incontravano in negozio o per strada. Nel ristretto delle pareti domestiche il clima era diverso. I litigi erano continui.

Le continue liti

Il tono della voce si alzava spesso. Volavano insulti. L’ultima discussione intorno alle 3 di lunedì notte. Poi il silenzio fino alle 8 nel momento in cui la ragazza ha chiamato il 112: “Venite, ho ucciso mia madre”, ha detto.

Dopo aver confessato il delitto alla procuratrice per i minori Claudia Caramanna la minorenne si è chiusa nel silenzio. Ora è in stato di fermo per omicidio volontario aggravato dal vincolo familiare e si trova in una struttura terapeutica educativa a Caltanissetta. Niente carcere, al momento, alla luce della confessione e della fedina penale imamcolata.

I poliziotti del commissariato di Bagheria e della squadra mobile di Palermo stanno cercando di ricostruire cosa sia accaduto nella casa di corso Butera tra la lite, probabilmente avvenuta alle 3 di notte, e la telefonata delle 8.

I farmaci in camera da letto

Il primo punto da chiarire è legato ai medicinali trovati in camera da letto, vicino al corpo della donna. Si tratta di una confezione di Toradol, potente antidolorifico, e di una boccetta di Minias, medicinale sedativo-ipnotico.

Chi ne faceva uso, solo la madre che sembrerebbe soffrire di depressione? L’autopsia sul corpo della vittima servirà anche per escludere che la figlia abbia messo i medicinali sul comodino per fare credere che si trattasse di un suicidio. Dopo la telefonata al 112 e prima della confessione in cui ha riferito di avere “stretto le mani attorno al collo di mia madre fino a quando ha smesso di respirare”, la ragazza avrebbe accennato al suicidio.

L’esame autoptico, che sarà eseguito domani nel reperto di Medicina legale del Policlinico di Palermo, servirà anche ad escludere, o confermare, che la vittima sia stata prima stordita con i farmaci e poi soffocata.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI