Mi sono arreso. Mi sono arreso giovedì, saranno state le sei del pomeriggio. Mentre ero a casa, steso sul divano, ho sentito un latrato arrivare da fuori. O forse era un belato. Sono andato al balcone, ho guardato giù in strada e c’erano dei ragazzini che si esprimevano col suono degli uomini della caverna. Un misto di ragli, incomprensibili suoni gutturali misti a bestemmie, urla scimmiesche, irriferibili invettive.
Così, dicevo, mi sono arreso. Non starò qui a spiegare per filo e per segno perché ho deciso di lasciare il centro storico. Non fa per me. Tutto qui. Voi direte: e lo scopri dopo dieci anni? Vero. È che ce l’ho messa tutta. Come quando cerchi di farti piacere una donna che non ti piace e sai che non ti piacerà mai. Ho giocato a fare il bohémienne. Il villaggio dentro la metropoli. Bello. Io straniero nella mia città. Tutto molto pittoresco. E tu dove abiti? A Ballarò, dicevo fiero. A Ballarò?, mi rispondevano con gli occhi sgranati. A Ballarò, ribadivo orgoglioso della mia scelta di avere lasciato, qualche tempo fa, la città borghese. Vuoi mettere?
L’ho pagata. Giusto così. Sono stato presuntuoso. Ho pensato di potere stare dovunque. Mi basto da solo, mi basta la mia casa. Così mi dicevo in una sorta di stupido training autogeno. Bluffavo soprattutto con me stesso. Il centro storico è giusto che resti a loro, loro che l’hanno sempre abitato, loro che l’hanno plasmato a propria immagine e somiglianza. Senza ironia. I neomelodici a palla alle tre del pomeriggio, il barbecue per strada il 25 aprile, l’1 maggio e 2 giugno, l’abbanniata a sostituire il citofono (questo sconosciuto!), bambini indiavolati sulle loro rumorosissime minimoto da mattina a sera, gente che va in giro in pigiama e ciabatte (d’altronde il villaggio è loro, giusto?).
Io lascio. La mia casa è in vendita. Trattativa tutt’altro che riservata. Avanti il prossimo, gli lascio il posto mio, come dice il cantante. Provateci voi a fare i bohémienne. Io me ne torno nel palazzone algido dove non ti saluti nemmeno col tuo vicino di casa e se muori lo scoprono i vigili del fuoco dopo sei mesi. Era un brav’uomo, diranno forse di me, salutava sempre. Che meraviglia.