PALERMO – Una scala, un gradino, una rampa troppo ripida. E poi ancora assenza di ascensori, passamano, scivoli. Una miscela letale, spesso, per chi è costretto a vivere con limitate capacità motorie in città immense, ma poco accessibili. “Vivetelo voi un giorno da disabili”, dicono dalla loro sedia a rotelle al Cassaro in occasione del Carrozzina Day. “Vivetelo voi un giorno come noi, voi che avete due gambe e potete deambulare, voi che della nostra disabilità ne fate un motivo di discriminazione. Voi che sui nostri parcheggi riservati posteggiate con arroganza senza pensarci su due volte”.
Sono tanti gli uomini e le donne oggi sul sagrato della Cattedrale. Camminano su due ruote, chiedono a chi si trova in piedi ma su due gambe dinanzi a loro di provare una carrozzina. “Sensibilizzatevi”, dicono. La due giorni organizzata dall’Associazione Lazzaro siediti e cammina altro non è che un’occasione per sensibilizzare, appunto, attraverso un’esperienza diretta, tutte le difficoltà di muoversi in carrozzina in una grande città come Palermo. Ti invitano a sederti, a perdere qualche minuto inchiodato su una sedia a rotelle e a dipendere da un aggeggio che, nella migliore delle ipotesi, si muove grazie a una spinta elettrica.
Uomini, donne, ma anche bambini, assolutamente indipendenti nonostante la carrozzina, sono in realtà dipendenti da un centro urbano che si trasforma in una trappola, dove le barriere architettoniche sono diffuse e per di più sono insidiose. “Palermo non è una città a misura di disabile – spiega Giovanna Persico, napoletana trasferitasi in Sicilia da un paio di anni -. Non ci sono le pedane per entrare nei negozi, ad esempio, gli scivoli non sono ovunque, i pochi parcheggi che ci sono spesso sono occupati da persone normodotate. Non tutti i mezzi pubblici sono dotati di pedane, il tram è inaccessibile per via di un dislivello che ti impedisce di entrare. Affidarsi alla mobilità cittadina è un rischio. Puoi avere la fortuna di arrivare a destinazione, ma il rischio che tu non possa più tornare indietro è dietro l’angolo”.
Non va meglio a musei e luoghi di cultura. “In occasione delle Vie dei Tesori mi sono ritrovata a non poter accedere a moltissimi monumenti del percorso – racconta Katia Gambino -. Villino Florio, Santa Caterina, Villino Favaloro, Santa Immacolata al Capo, Santa Maria di Valverde, la biblioteca comunale di Casa Professa, persino la Cattedrale. Tutti luoghi delle Vie dei Tesori che non sono accessibili nonostante la dicitura ‘accessibile ai disabili’. Alcuni, come il Villino Florio, è comprensibile che non lo siano perché significherebbe realizzare un ascensore, per certi versi invasivo. Ma, ad esempio, la Cattedrale o la biblioteca di Casa Professa non è pensabile che non lo siano. Lungo le scalinate non esiste neppure un passamano e, in queste circostanze, realizzare una pedana sarebbe piuttosto semplice. Il Teatro Massimo, invece, non ha barriere per noi. Almeno”.
Molti volontari, così, hanno illustrato grazie ad un percorso a ostacoli allestito nel sagrato della Cattedrale quali difficoltà può incontrare un disabile in un percorso anche abbastanza breve. “Basta un giro in carrozzina per avere una minima percezione di quello cui siamo costretti ogni giorno – afferma Giusy Lauricella -. Arrivare a destinazione e non poter usufruire di un bagno adatto ad esempio, oppure ancora di non poter accedere alla struttura per via delle scale. Le istituzioni prima di tutto dovrebbero essere dalla nostra parte e abbattere le frontiere della disabilità creando una città accessibile. Perché la nostra disabilità si trasformi in una possibilità. Ma una possibilità per chiunque”.