Catania. “Un grido di disperazione e speranza”. Con questo spirito sindacati e lavoratori si sono riuniti stamani in Piazza Teatro Massimo in occasione della mobilitazione regionale contro la legge di stabilità. Una cornice suggestiva e simbolica quella del teatro Bellini, che ha fatto da sfondo a un concerto di protesta dei dipendenti dell’Ente. “Cambiamo musica”, si legge nei volantini distribuiti in piazza mentre echeggiano le note di Giuseppe Verdi. Prima che il concerto abbia inizio, però, i dipendenti leggono un duro comunicato indirizzato ai principali “responsabili” della “gravissima situazione” che vive il fiore all’occhiello della cultura catanese.
Sul banco degli imputati ci sono l’esecutivo regionale e l’Amministrazione dell’Ente. I lavoratori hanno richiamato i vertici del teatro a responsabilità ben precise, nello specifico il non avere “approntato in tempo utile il bilancio consuntivo 2012 e quello preventivo 2013” e l’incapacità di gestire quella che, già sei mesi fa, si delineava come una strage annunciata”.
Il governo regionale non è esente da colpe, a partire dal taglio ai finanziamenti fino al ritardo nell’erogazione dei fondi. Il quadro della situazione non promette bene: nessun Cda è stato ancora nominato, nelle tasche dei lavoratori mancano quattro mensilità arretrate e della programmazione per il 2014 non c’è traccia. Motivi questi che fanno temere per gli abbonamenti, circa nove mila ogni anno, una fonte di sostentamento non indifferente, che porta nelle casse dell’Ente un milione e mezzo di euro a stagione. Davanti a una situazione drammatica e statica (nonostante l’erogazione da parte della Regione di due milioni di euro), i dipendenti hanno intrapreso uno sciopero di due giorni (a partire da oggi) per i concerti previsti.
Il coro e l’orchestra incroceranno le braccia “per tutte le manifestazioni a seguire fino alla risoluzione della vicenda”. Insomma, l’ora di musica regalata stamattina alla cittadinanza catanese è l’ultima. L’orchestra e il coro del Bellini si sono congedati dando voce alla protesta dei sindacati e al forte disagio dei lavoratori. In chiusura, quattro lavoratori, in rappresentanza dei sindacati hanno portato la loro esperienza di uomini e donne disoccupati, precari e cassintegrati urlando la loro disperazione e chiedendo alle istituzioni di rimettere al centro della loro agenda politica il lavoro.