Bellolampo, lo spettro della crisi - Live Sicilia

Bellolampo, lo spettro della crisi

Emergenza rifiuti
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Poco meno di un mese fa era arrivato l’allarme dei commissari Amia: “Tra il 20 agosto e i primi di settembre potrebbe avere inizio un nuovo periodo critico per Palermo”. A parlare era Giuseppe Romano, che nel frattempo ha rimesso il suo incarico in via Nenni, riferendosi all’emergenza rifiuti e alle condizioni della discarica di Bellolampo. Eravamo al 26 maggio. Da allora è iniziato un balletto di cifre riguardo i giorni utili per scongiurare che la situazione precipiti.
Le previsioni dell’Amia, fondate su uno studio del professor Federico Vagliasindi, del dipartimento di Ingegneria civile ambientale dell’università di Catania, non hanno mai trovato il vaglio della prefettura. Da un lato l’azienda che si occupa dei rifiuti a Palermo ad asserire che la quinta vasca di Bellolampo, ormai in attesa dell’autorizzazione per l’uso, una volta entrata in funzione potrebbe riempirsi in tre mesi; dall’altro lato la prefettura, secondo cui invece di mesi perché si arrivi al limite ce ne vorrebbero sette. Fermo restando che la quarta vasca ormai è quasi satura. E se la situazione dovesse farsi critica sul versante smaltimento, si dovrà correre ai ripari: ad esempio collegando le due vasche, mettendo una pezza per qualche mese in più.
Cifre che si susseguono. Giorni che sul calendario volano. Conti alla rovescia da scongiurare, prima che la città sia ancora una volta piena di munnizza. Anche se di cassonetti stracolmi per le strade, dopo una tregua durata poche settimane, se ne vedono ultimamente di più. Con le cronache che inevitabilmente ogni mattina si arricchiscono di nuovi bollettini sui roghi dei cumuli di munnizza.
C’è poi il capitolo percolato, del lago di marciume misto pioggia-rifiuti che attanaglia Bellolampo. Un bacino di zozzerie pari a centomila tonnellate, di cui al giorno se ne riesce a raccogliere solo una minima parte, pari a trecento di tonnellate. La Procura di Palermo sta ancora indagando per accertarsi che lo stesso percolato non si sia infiltrato nelle falde acquifere.
 E proprio ieri dall’Amia, dal canto loro, hanno tenuto a precisare che i pozzi di Celona, Bordonaro, Sicomed e Bonfratelli, non sarebbero stati inquinati dal percolato. Ciò “superando il riserbo sinora tenuto” – si legge in una nota – e per evitare un  “ingiustificato allarme”. Il comunicato diffuso dall’Amia fa riferimento ai risultati di alcune analisi ordinate dal tribunale di Palermo ad un laboratorio torinese, che ha esaminato dei campioni d’acqua prelevati dai quattro pozzi in questione. “Tutti i valori risultano inferiori ai limiti di potabilità delle acque dei pozzi – si legge nel documento -, fatta eccezione in due casi per la consistenza dei nitrati, da sempre associati a fenomeni di contaminazione locale di origine fecale, da cui l’uso irriguo degli stessi”.


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