Beni confiscati, associazioni, coop |Libera, impero che muove 6 milioni - Live Sicilia

Beni confiscati, associazioni, coop |Libera, impero che muove 6 milioni

L'associazione raduna 1.500 sigle, ma il suo cuore economico è "Libera Terra", che fattura 5,8 milioni con i prodotti dei terreni sottratti ai boss e li reinveste per promuovere la legalità e assumere lavoratori svantaggiati. E mentre si prepara il ventesimo compleanno, don Ciotti apre alla collaborazione con il movimento di Maurizio Landini.

PALERMO – Vent’anni da compiere fra pochi giorni. E circa 1.500 sigle radunate sotto il cartello dell’“associazione delle associazioni”, con un modello che in fondo richiama la tradizione storica dell’Arci. “Libera” è formalmente un’organizzazione non governativa che si occupa di lotta alle mafie, di promozione della legalità e di uso sociale dei beni confiscati alle mafie: sotto la sua bandiera, però, si muovono attività diversificate nello scopo e nello spazio, coprendo quasi per intero il Paese e con ramificazioni internazionali. Un mondo il cui cuore economico è “Libera Terra”, che gestisce 1.400 ettari di terreni confiscati alla mafia, dà lavoro a 126 persone e muove un fatturato che nel 2013 ha sfiorato i sei milioni di euro.
Un impero sotto il segno della legalità. Che fa la parte del leone nell’assegnazione per utilità sociale dei beni confiscati e che non si sottrae allo scontro fra antimafie, in qualche caso – come ha fatto all’inizio del mese don Luigi Ciotti – facendo aleggiare l’imminenza di inchieste: “Mi pare di cogliere – ha detto il 6 marzo il presidente dell’associazione – che fra pochi giorni avremo altre belle sorprese, che sono in arrivo, che ci fanno soffrire. Perché riguardano personaggi che hanno sempre riempito la bocca di antimafia”. Uno scontro fra paladini della legalità, in quel campo minato e denso d’insidie popolato dalle sigle che concorrono all’assegnazione dei terreni sottratti ai boss.
Un mondo che, nel tempo, ha visto in diverse occasioni l’antimafia farsi politica. E se Libera non è stata esente da questo fenomeno – Rita Borsellino, fino alla candidatura alla guida della Regione e poi all’Europarlamento, dell’associazione è stata ispiratrice, fondatrice e vicepresidente – a tenere la barra dritta lontano dalle identificazioni con i partiti ci ha sempre pensato don Ciotti. Almeno fino a qualche giorno fa: sabato, infatti, sulle colonne de “Il Fatto Quotidiano”, il carismatico sacerdote veneto ha aperto a una collaborazione con il nascente movimento di Maurizio Landini. Certo, don Ciotti assicura nella stessa intervista disponibilità al dialogo con tutto l’arco costituzionale ed esclude un coinvolgimento diretto di Libera. Ma le parole di “stima e amicizia” espresse a favore del leader Fiom, osserva chi sa cogliere le sfumature degli interventi del sacerdote antimafia, sono un assoluto inedito nei vent’anni di storia dell’associazione.
Ne è passato di tempo, da quel 25 marzo 1995. A fondare il primo nucleo di Libera furono appunto don Ciotti, allora “solo” numero uno del Gruppo Abele, e Rita Borsellino. Da allora l’associazione si è notevolmente diversificata: al filone principale, riconosciuto dal ministero del Welfare come associazione di promozione sociale, si sono via via aggiunti “Libera Formazione”, che raduna le scuole e ne coordina quasi cinquemila, “Libera Internazionale”, che si occupa di contrasto al narcotraffico, “Libera informazione”, che si concentra sulla comunicazione, “Libera Sport”, che organizza iniziative dilettantistiche, “Libera ufficio legale”, che assiste le vittime di mafia, e appunto “Libera Terra”, che raduna le cooperative impegnate sui campi confiscati ed è l’unico troncone a commercializzare prodotti.
In Sicilia le cooperative sono sei. Dell’elenco fanno parte la “Placido Rizzotto” e la “Pio La Torre” di San Giuseppe Jato, la “Lavoro e non solo” di Corleone, la “Rosario Livatino” di Naro, la castelvetranese “Rita Atria” e la “Beppe Montana” di Lentini, alle quali si aggiungono le calabresi “Terre Joniche” e “Valle del Marro”, la brindisina “Terre di Puglia” e la campana “Le terre di don Peppe Diana”: ciascuna è destinataria di almeno un bene sottratto alla mafia e produce su quei terreni vino, pasta e altri generi alimentari commercializzati appunto sotto il marchio unico “Libera Terra”. Fuori dal mondo agroalimentare, poi, c’è la new-entry “Calcestruzzi Ericina”, confiscata a Vincenzo Virga e attiva però – col nuovo nome “Calcestruzzi Ericina Libera” – nella produzione di materiali da costruzione.
A questa rete di cooperative si aggiunge la distribuzione diretta. Un network fatto di quindici punti vendita, anch’essi ospitati per lo più in immobili confiscati a Cosa nostra, sparpagliati in tutta Italia: a Bolzano, Castelfranco Veneto, Torino, Reggio Emilia, Bologna, Genova, Firenze, Pisa, Siena, Roma, Castel Volturno, Napoli, Mesagne, Reggio Calabria e nel cuore di Palermo, nella centralissima piazza Politeama, dove la bottega ha sede in un negozio confiscato a Gianni Ienna. Non solo: nel pianeta “Libera Terra” trovano posto anche una cantina (la “Centopassi”), due agriturismi (“Portella della Ginestra” e “Terre di Corleone”), un caseificio (“Le Terre” di Castel Volturno), un consorzio di cooperative (“Libera Terra Mediterraneo”, che dà lavoro a nove dipendenti e cinque collaboratori) e un’associazione di supporto (“Cooperare con Libera Terra”, onlus con 74 cooperative socie).
Ne viene fuori un universo che nel 2013 ha dato uno stipendio a 126 lavoratori, 38 dei quali svantaggiati, ai quali si sono aggiunti 1.214 volontari. Tutto per produrre circa 70 prodotti – venduti nelle botteghe Libera Terra, ma anche nei punti vendita Coop, Conad e Auchan – che spaziano dalla pasta all’olio, dal vino alla zuppa di ceci in busta: ne è venuto fuori, nel 2013, un fatturato di 5.832.297 euro, proveniente per più di un quinto dalla commercializzazione all’estero. Numeri che fanno delle cooperative il cuore pulsante dell’economia targata Libera: basti pensare che l’intero bilancio dell’associazione-madre muove 2,4 milioni di euro, meno della metà del flusso di denaro che passa dai campi confiscati. Denaro che però non finisce nelle tasche dei 94 soci: se una royalty – nel 2013 di 157 mila euro – viene girata a “Libera”, il resto viene utilizzato per attività sociali come la promozione della legalità, il recupero di beni sottratti ai boss e i campi estivi.
Già, perché nei terreni confiscati il clou si raggiunge d’estate. Nei mesi caldi, infatti, le cooperative siciliane (ma anche quelle pugliesi) accolgono giovani da tutta Italia per attività di volontariato sui beni sottratti ai capimafia. Il momento centrale della vita dell’associazione, però, si raggiungerà fra pochi giorni: il 21 marzo, infatti, “Libera” organizza dal 1996 una “Giornata della memoria e dell’impegno” durante la quale vengono ricordate le vittime di mafia. Quest’anno l’appuntamento è a Bologna, con una kermesse iniziata venerdì e destinata a concludersi il 22. A ridosso dei vent’anni dell’associazione. E in un momento di grandi conflitti per le antimafie.

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