Beni per circa 500 milioni di euro sono stati confiscati a Michele Aiello, l’imprenditore di Bagheria ritenuto il ras della sanità privata in Sicilia, già condannato in appello a 15 anni e sei mesi di reclusione nel processo sulle talpe alla Dda di Palermo con l’accusa di avere gestito denaro della mafia. Di soli conti correnti, allo Stato va una liquidità di 44 milioni di euro. Il procedimento della sezione misure di prevenzione del Tribunale, presieduta da Cesare Vincenti è durato oltre sei anni. Tra i beni confiscati ci sono tre cliniche, aziende edili e società, ora gestite in regime commissariale, ville, appartamenti, barche, terreni e magazzini. Nel 2000 Michele Aiello dichiarò un reddito che gli fece conquistare il primo posto in Sicilia tra i contribuenti. Secondo quanto emerso nell’inchiesta sulle talpe nella Dda, coordinata dall’ex procuratore aggiunto Roberto Scarpinato, Aiello avrebbe gestito denaro di Cosa nostra e si sarebbe poi arricchito grazie ai buoni rapporti con l’allora amministrazione della Regione, governata da Totò Cuffaro anche lui imputato nel processo e condannato per favoreggiamento alla mafia, che gli consentì di incassare milioni di euro per prestazioni sanitarie in assenza di un tariffario regionale. Gli avvocati di Aiello hanno annunciato ricorso.
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