(rp) Il Papa è come questo Cristo dolente in effigie. Reca con sé una luminosità e l’ombra di una croce che non dipendono né dalla sua persona, né dalla sua dottrina. La luce viva della speranza e la croce eterna della difficoltà di realizzarla scorrono attaccate al suo mantello bianco. Poniamo il caso che sia indegno il messaggero, l’uomo fragile sul soglio di Pietro: scorrerebbero lo stesso.
E non c’entra il fatto religioso, il principio secondo cui la consacrazione rende degno il consacrante e lo monda delle sue bassezze nello spazio che apre la fessura divina del rito. Il Papa è la gioia, il riscatto, l’amore, perché i nostri occhi lo vedono universalmente così. E’ un viaggiatore benigno. Se saprà dire le parole giuste – come fu per Giovanni Paolo II – ricorderemo Benedetto XVI per sempre. Altrimenti scrolleremo le spalle ma non smetteremo di credere alla benedizione di una scia destinata a lasciare il segno. Per il pontefice vale lo stesso principio della stella cometa: sono le pupille e le preghiere dei mortali a renderla fiammeggiante. Sono i sussurri e le attese di chi sta in basso a colorare d’infinito e di avvento ciò che sta in alto.
Il Papa verrà, lascerà un candore di sollievo e rinascita. Poi noi dovremo continuare nel solco, comprendendo che, in un certo senso, il Papa è un simbolo da acchiappare al volo, da sfruttare. Perchè il Papa siamo noi.
E siamo noi a prescindere dal nostro cattolicesimo e dal nostro relativismo. Siamo noi perfino a dispetto dell’angusto recinto in cui Ratzinger suole confinare le sempre più sfiancate pecorelle della sua cristianità. Siamo noi perché la fiducia cristiana è per tutti, è addirittura laica e non credente. Non c’è bisogno di credere, infatti, che Cristo fosse il figlio di Dio per cambiare il mondo. E’ sufficiente rubargli le parole e l’esempio. Non dovrebbe adombrarsene o reclamare diritti d’autore.
La polemica sui soldi, davvero, è risibile. In una terra in cui i soldi si spendono a fiumi per inutilmente opulenti chiericoni della politica – e si spendono ogni giorno – dovremme negare un salato obolo al Papa? Perciò riposi in pace per una volta la vis polemica stonata di Umberto Santino che mischia cose non mischiabili nel suo misticismo dell’aggressione, mettendo insieme la cattiva amministrazione e il discorso di Ratisbona. Per la serie: che ci azzecca? Il Papa verrà come una cometa, come una delle poche figure risparmiate, non ancora collocabili sugli scaffali del dio-mercato. Faremmo bene ad accoglierlo con affetto.