"Io prete con il tumore: la malattia accanto a Biagio Conte"

“Io prete con il tumore: la malattia accanto a Biagio Conte”

Padre Maurizio Francoforte racconta una incredibile storia di sofferenza e speranza.

“Succede tutto a settembre, quando scopro di stare molto male e vengo ricoverato al pronto soccorso dell’ospedale Buccheri La Ferla. Trovano due lesioni al fegato. Poi, in Medicina, si scopre che ho un tumore al colon e due metastasi. A novembre comincio la prima chemioterapia e incontro subito Fratel Biagio che è lì per lo stesso motivo…”.

Palermo. Casa della pace per tutti i popoli. Missione di via Decollati. La tomba di Biagio Conte, al muro, si va riempiendo di fiori e bigliettini. Arrivano coppie, famiglie, persone. Sostano per un momento in silenziosa preghiera. Qualcuno appoggia un bacio sulla foto sorridente che ritrae il missionario laico scomparso da questa terra.

La voce narrante è quella di padre Maurizio Francoforte, parroco di San Gaetano, a Brancaccio, la chiesa che fu di don Pino Puglisi. ‘Maurizio’ – si fa chiamare, con semplicità, così durante la chiacchierata – racconta una esperienza unica. Con Biagio erano amici fraterni. Hanno condiviso la stessa malattia, nello stesso periodo. Hanno pregato insieme. Si sono sostenuti con coraggio. E, forse, hanno anche pianto insieme. Ma, sulle zone più private di quel legame, vige un sacrosanto riserbo.

“Ci troviamo per la chemioterapia, dunque – prosegue la narrazione -. Chiacchieriamo un po’. Gli dico: ‘Biagio, ti confesso una cosa. Io avrei voluto percorrere una tappa dei tuoi tanti cammini per il mondo con te’. Lui mi guarda, con quel suo sorriso, e mi risponde: ‘Tu hai scelto la tappa migliore del cammino che affrontiamo insieme, fratello mio’. Allora replico, con ironia e affetto: ‘Va bene, mi devi qualche regalo…’. Biagio è stato generoso, come sempre, mi ha donato il crocifisso che porto al collo e uno dei suoi bastoni da passeggio su cui adesso mi sto appoggiando”. E Maurizio lo mostra quel crocifisso, stringendolo con tenerezza.

Il racconto continua: “Non lo incontro più in ospedale, ma siamo sempre stati uno accanto all’altro. Molti discorsi sui nostri sintomi. La nausea… Ce l’ho. Il dolore… Ce l’ho. Come due adolescenti che giocano con le figurine. Lo vedo a Natale, durante la Messa, mi conforta: ‘Camminiamo insieme, fratello mio’. Poi, a Capodanno mi saluta, sta malissimo. Mi sussurra: ‘Ora ecco l’ultima tappa’. Cerco di sdrammatizzare: ‘Significa che accappottiamo? Non mi mettere ansia…’. Biagio mi fissa ancora: ‘No, Maurizio. Io vado avanti e ti anticipo. Tu hai ancora cose da fare’. Lo vedrò ancora una volta in infermeria, negli ultimi giorni, con il sorriso, il suo bellissimo sorriso”.

Maurizio non smette di parlare e lotta con la commozione: “Le nostre conversazioni terminavano sempre con una preghiera e una benedizione. Per me, Biagio ha lo stesso volto del Cristo che c’è all’altare, a San Gaetano. Il nostro affetto e la nostra amicizia si sono consolidati nel nome di Padre Pino Puglisi, per cui lui aveva una grande devozione. Fratel Biagio aveva degli occhi indimenticabili, che ti avvolgevano e ti scrutavano in profondità. Solo in altre due occasioni dal vivo ho provato una emozione simile. Con Papa Giovanni Paolo II e con Madre Teresa di Calcutta. Di Madre Teresa, non avendo il coraggio di alzare lo sguardo, rammento soltanto le mani e i piedi”.

“Conosco Biagio Conte da moltissimi anni, da quando lavoravo, non pensavo di diventare un sacerdote, e frequentavo la scuola serale – la memoria del parroco di Brancaccio scova particolari distanti –. L’ho visto, alla stazione, porgere per due volte una ciotola di minestra calda a un clochard che, ogni volta, gliel’ha tirata addosso. Ma la terza l’ha accettata e Biagio sorrideva immancabilmente”.

Poi, un frammento personalissimo: “Sono stato malissimo e in bilico tra la vita e la morte. Ho pregato, ho chiesto al Signore un Mosè che mi aprisse il Mar Rosso. La notte stessa, ho sognato Biagio e don Pino Puglisi, davanti a un grande mare che si apriva. E le cose, per me, sono migliorate”. Don Maurizio ha gli occhiali che luccicano per la commozione e per il sole che entra dalle vetrate. Palermo, goccia a goccia, lacrima per lacrima, con i suoi passi innamorati, è sempre qui. Benedice un uomo con la barba e gli occhi colore del cielo che sorride dalla foto appena sopra la sua tomba. E gli manda un bacio. (Roberto Puglisi)

Padre Maurizio

Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI