Così gli Strano e i Martiddina | lasciarono i Santapaola - Live Sicilia

Così gli Strano e i Martiddina | lasciarono i Santapaola

Il passaggio dei fratelli Strano e Squillaci dai Santapaola ai Cappello sarebbe stato al centro di diversi incontri di mafia. Le intercettazioni e le rivelazioni dei pentiti: in "ballo" anche il portafoglio delle estorsioni di Monte Po.

Blitz contro i Cappello
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CATANIA – C’era in atto il progetto di costruire una famiglia catanese all’interno di cosa nostra catanese e di farsi accreditare anche dalla Cupola palermitana. Erano ambiziosi nel 2009 i progetti criminali del clan dei Carateddi che riescono a “gonfiare” l’organico con pezzi storici provenienti dalle file della famiglia Santapaola. Gli Strano di Monte Po e i Martiddina di Piano Tavola (frazione di Belpasso) transitano nella cosca dei Cappello. In quegli anni, dunque, cambia la geografia delle consorterie mafiose. Questa migrazione tra clan rappresenta lo “zoccolo duro” dell’inchiesta Revenge 5 che la scorsa settimana ha portato all’arresto di 37 persone e tra queste i fratelli Alessandro, Claudio e Marco Strano (gruppo santapaoliano di Monte Po) e Massimo e Nicolò Squillaci (i Mattiddina, referenti dei Santapaola di Piano Tavola).

Intercettazioni e rivelazioni di pentiti “tracciano” la cronistoria di questo “passaggio” mafioso che è stato oggetto di diversi incontri tra il “gotha” dei Cappello e dei Santapaola Ercolano, anche perchè in “ballo” c’era anche il portafoglio delle estorsioni di Monte Po.

Una cimice, nel 2009, viene piazzata nell’auto di Massimo Squillaci. L’esponente dei Martiddina commenta con Giovanni Cavallaro la decisione di “dissociarsi dai Santapaola e transitare con i Cappello”. La conversazione avviene dopo un presunto summit a Vaccarizzo dove si sarebbe “ufficializzato” il nuovo ingresso: nella bilancia vengono messi i pro e i contro della decisione e Squillaci chiede al “sodale” cosa ne pensa (Giovanni… sta scelta ca passamu cu iddi… bona?). Per Cavallaro non ci sono dubbi, con i Cappello avranno un maggiore peso criminale. (Megghiu ri unni erumu è sicuru). In un’altra conversazione addirittura si parla di “poca considerazione” da parte dei Santapaola dopo vent’anni, mentre la “nuova famiglia” in pochi giorni aveva dimostrato “considerazione”. E poi con i Santapaola, commenta ancora Cavallaro, non avevano niente e avevano tutto a sfavore e dovevano anche avere “paura a camminare”. Il “transito” sarebbe avvenuto in silenzio: ma in un’altra conversazione (sempre captata nella macchina di Squillaci) si sarebbe stato un “infame” che avrebbe spifferato la notizia.

E non finiscono le intercettazioni. Questa volta la polizia giudiziaria nel 2009 segue in diretta le conversazioni in carcere di Concetto Bonaccorsi (capomafia dei Cappello) con la moglie e la figlia che gli spiegano che su precisa indicazione del nipote Sebastiano Lo Giudice nella cosca erano entrati gli Strano e i Martiddina. (Sebastiano ti manda a salutare, hanno fatto ruppu due gruppi Mattiddina e gli Strano).

Una sfilza di collaboratori di giustizia provenienti dalle file dei Cappello e dei Santapaola rivelano i summit che hanno “benedetto” il transito degli Strano e degli Squillaci nelle file dei Carateddi. Gaetano Musumeci (killer spietato del gruppo di fuoco di Sebastiano Lo Giudice) racconta che Mario Strano (fratello dei tre finiti in manette) ad un certo punto aveva paura di essere ammazzato dai vertici del suo stesso clan. Gli Strano si portarono dietro tutto il portafoglio delle estorsioni di Monte Po e per questo motivo – dichiara sempre il collaboratore di giustizia – ci sarebbe stato un incontro da “Ciccio Giocattoli” a Misterbianco a cui avrebbero partecipato Enzo Aiello, Benedetto Cocimano, Orazio Finocchiaro, Turi Caruso, Sebastiano Lo Giudice, lo stesso Musumeci e Toni Marino. Al termine della riunione metà delle estorsioni ritornarono nelle casse dei Santapaola, ma dopo due mesi ci sarebbe stato un altro summit nei pressi della Chiesa de Le Salette di San Cristoforo. Al termine della “riunione”  – afferma Musumeci – sarebbero stati restituiti ai Santapaola “anche la gestione della sicurezza e del bar dello Stadio”. Quello stesso meeting – rivela Gaetano D’Aquino, un altro collaboratore di giustizia ed ex reggente dei Cappello – sarebbe avvenuto lo stesso giorno dell’omicidio di Raimondo Maugeri nel 2009. Uccisione fortemente “spinta” da Mario Strano, secondo il pentito. Dall’omicidio del boss santapaoliano sarebbe partita la guerra di mafia che Iano Lo Giudice aveva dichiarato a Cosa Nostra catanese. L’operazione Revenge (il primo capitolo di questa inchiesta giudiziaria) riuscì a sventarla.

La proposta di cambiare cosca criminale sarebbe arrivata anche a boss di un certo rilievo nella piramide della famiglia Santapaola. Giuseppe Mirabile (vicinissimo alla famiglia di Nitto e Antonino Santapaola) racconta che il fratello Paolo avrebbe ricevuto l’invito di transitare nei Cappello da Mario Strano. Un passaggio che aveva l’obiettivo di costituire una nuova cosca (inserita all’interno di Cosa nostra) che si doveva contrapporre ai Santapaola Ercolano. I Mirabile non accettarono “l’offerta”.  Anche Ignazio Barbagallo, personaggio di spicco della famiglia Santapaola e collaboratore di giustizia, conferma “il transito dei Martiddina e degli Strano nella famiglia Cappello Bonaccorsi”.

Insomma nel 2009 – racconta il collaboratore Gaetano D’Aquino – Monte Po non doveva più essere “targato” Santapaola ma Cappello. Parole inquietanti, perchè la mafia si sente in diritto di poter mettere il marchio su un quartiere della città.

 

 


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