Blitz 'Hesperia', 26 indagati chiedono il rito abbreviato - Live Sicilia

Blitz ‘Hesperia’, 26 indagati chiedono il rito abbreviato

Al centro dell'indagine la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara

TRAPANI – Ventisei indagati hanno chiesto di essere giudicati col rito abbreviato, quattro invece hanno chiesto il rito ordinario, altri cinque si sono riservati se chiedere giudizi alternativi. La prima udienza preliminare del procedimento scaturito dall’operazione antimafia “Hesperia” si è conclusa intanto con questo primo risultato. Al centro dell’indagine il ruolo della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara.

Il blitz condotto dai carabinieri lo scorso settembre fu l’ultima tappa investigativa prima della cattura del boss Matteo Messina Denaro che aveva trasformato Campobello di Mazara nella sua ultima enclave. E il principale degli indagati dell’indagine è Franco Luppino, il cosiddetto “zio Franco”, l’uomo vicinissimo a Matteo Messina Denaro durante la sua latitanza.

Il rito abbreviato è stato chiesto da Franco Luppino, Paolo Bonanno, Marco Buffa, Leonardo Casano, Antonino Cuttone, Piero Di Natale, Girolamo Li Causi, Jonathan Lucchese, Nicolò e Bartolomeo Macaddino, Marco Manzo, Antonino Nastasi, Antonino Pace, Vincenzo Pisciotta, Giuseppa Prinzivalli, Francesco Pulizzi, Antonino Ernesto e Francesco Raia, Tiziana e Vito Vincenzo Rallo, Vincenzo Romano, Carmelo e Giuseppe Salerno, Giuseppe Speciale, Vincenzo Spezia, Rosario Stallone. Giudizio preliminare col rito ordinario per Filippo Aiello, Lorenzo Catarinicchia, Antonino Lombardo, Stefano Putaggio. Si sono al momento riservati Vito De Vita, Riccardo Di Girolamo, Vito Gaiazzo, Francesco Stallone, Michele Vitale.
L’indagine tradì quello che è stato l’ultimo nome in codice dell’allora latitante, “U Sicco” veniva chiamato “Ignazieddu”, all’epoca in cui teneva già in tasca la carta d’identità intestata ad Andrea Bonafede, e nascoste altri cinque documenti tutti con nomi diversi e che oggi sono sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori alla caccia dei più recenti favoreggiatori della latitanza del capo mafia di Castelvetrano.


L’inchiesta coordinata dalla Procura antimafia di Palermo permise di scoprire come Cosa nostra trapanese sia riuscita ad occuparsi di nuovi affari come la gestione pilotata delle aste giudiziarie, per l’acquisto di immobili, alberghi e terreni. Fulcro dell’indagine è stato Franco Luppino. Nessuna parentela con Giovanni, l’agricoltore arrestato mentre faceva da autista al latitante. Moltissimi anni addietro Franco Luppino venne arrestato per omicidio, ma negli anni ’90, grazie ad una legge svuota carceri, tornò libero: il delitto era un omicidio di mafia, ma non gli venne contestata l’aggravante, e a Campobello di Mazara, una volta fuori dal carcere, tornò ad occuparsi di Cosa nostra e della famiglia mafiosa del Paese. Uomo d’onore, ad ogni processione puntualmente il corteo si fermava davanti casa sua. Quando fu arrestato dalla Polizia nei primi anni del 2000 aveva riorganizzato la famiglia mafiosa, quando è stato arrestato dai Carabinieri a settembre scorso era uscito dal carcere da appena tre anni, ma contro di lui l’accusa di essere stato l’alter ego di Matteo Messina Denaro nella guida della cupola provinciale di Cosa nostra trapanese.

“Per adesso il perno di tutto è lui” , così di Luppino sono stati sentiti parlare due indagati. Uno “potente” lo “zio Franco”, “il numero uno della provincia di Trapani”, commentavano così di lui i soggetti intercettati.
Le intercettazioni di “Hesperia” hanno fatto ascoltare alcuni indagati mentre parlavano del latitante come se fosse morto, parole fuori posto che avrebbero potuto far rischiare la pelle a chi le aveva messe in giro, ma Luppino lesto prese la palla al balzo, “facciamola girare così forse allentano le ricerche”. Che si trattava di una bugia la conferma agli investigatori arrivò in pochi giorni, quando uno dei mafiosi di Campobello di Mazara parlava a Luppino chiedendogli di scrivere “a quello che manca”. Poi la conferma definitiva è arrivata lo scorso 16 gennaio con la cattura del latitante, preso a Palermo, dai Carabinieri del Ros, all’ingresso della clinica La Maddalena.

Le mani di Luppino, oltre che posarsi su nuovi sodali promossi a “padrini”, come successo per la famiglia mafiosa di Petrosino, si sarebbero posate anche sulle aste giudiziarie, una rete per controllare acquisiti di immobili, terreni, alberghi in pregiate località turistiche come Tre Fontane, Mazara, Selinunte ed Erice. Tutte operazioni possibili grazie ad una rete di complicità, ma soprattutto “con il benestare di Castelvetrano” e per averlo gli intercettati dovevano parlare con “lo zio Franco”.


Tra gli “affari” sotto controllo il ricco mercato oleario di Campobello di Mazara. A fare il prezzo sempre lui, Franco Luppino, a chi gli obiettava che il prezzo non era rispondente alle offerta sul mercato, lui minaccioso rispondeva “qui marcato non ce ne è”. E sulla via illecita del controllo di questi affari si stanno sviluppando le indagini di oggi, quelle che riguardano il cerchio magico dei più stretti e influenti favoreggiatori della latitanza di Matteo Messina Denaro. E’ in questo ambito che si anniderebbero gli appartenenti alla cosiddetta “area grigia” che nel tempo ha favorito l’inquinamento mafioso di istituzioni pubbliche ed economiche in genere.

Il gup Ermelinda Marfia ha rinviato l’udienza per la prosecuzione al prossimo 20 febbraio, anche per consentire alle difese di pronunciarsi su una ulteriore produzione di documenti da parte della Procura di Palermo.


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