Migranti, affari sporchi e armi | Spunta l'ombra della mafia VIDEO - Live Sicilia

Migranti, affari sporchi e armi | Spunta l’ombra della mafia VIDEO

Il blitz e le piste scottanti che emergono dall'inchiesta. Il tweet di Salvini VIDEO FOTO

PALERMO- Undici milioni di euro in diamanti da piazzare in Europa. Una mega trattativa che emerge dalle intercettazioni dei carabinieri del Comando provinciale di Palermo. Nel settembre 2017 i militari intercettano una conversazione in macchina fra Fatmir Ljatifi e Giuseppe Giangrosso, nato a Roccamena ma residente nel rione palermitano Cruillas. E’ una puntata dell’indagine di oggi sul traffico di migranti con i relativi arresti, coordinata dal procuratore aggiunto Marzia Sabella e dai sostituti Calogero Ferrara, Carlo Marzella e Giorgia Spiri.

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Il macedone era stato contattato da alcuni kosovari che avevano rubato una grossa partita di pietre preziose in Svizzera. Il compito di Ljatifi era quello di trovare di compratori, individuati in alcuni facoltosi uomini residenti a Bruxelles. La trattativa saltò, ma è serviva ai carabinieri per scoprire il canale attraverso cui Ljatifi commerciava armi da guerra, soprattutto Kalashnikov e bombe, vendute al gruppo paramilitare Nuovo Uck, protagonista di un sanguinoso attacco armato nel 2005 nella cittadina macedone di Kumanovo.

GLI ARRESTATI – FOTOGALLERY

Di rientro dal Kosovo, nel novembre 2017, Ljatifi, è stato perquisito a Villabate. Nel suo telefonino c’erano le foto dei diamanti e delle armi. C’è un capitolo da chiarire e riguarda gli strani contatti registrati dai carabinieri. A novembre 2016, settembre e ottobre 2017 i carabinieri agli ordini del comandante provinciale Antonio Di Stasio hanno monitorato degli incontri, avvenuti Palermo e all’Outlet Village di Dittaino. Tra la folla c’erano Ljatifi, Giangrosso e due personaggi tenuti sotto osservazione: un uomo di Adrano, coinvolto in inchieste per mafia, droga e armi, è un nipote di Giuseppe Pulvirenti, u’ malpassotu, storico capomafia di Belpasso. Quali affari erano in corso?

La banda che ripuliva i soldi

Soldi provento di furti e rapine, denaro sporco transitato su conti correnti, oro: Fatmir Ljatifi e Giuseppe Giangrosso si sarebbero specializzati pure nelle operazioni di riciclaggio. Non avrebbero agito da soli. Sotto inchiesta dei pubblici ministeri Marzia Sabella, Calogero Ferrara, Carlo Marzella e Giorgia Spiri, sono finiti pure i palermitani Francesco Tinnirello, Salvatore Morello e Gabriele Torres, e i macedoni Luan Dobjani, Denis Nikci, Driton e Astrit Rexhepi, Uran Ameti.

Quando un rapinatore svuotava un bancomat in alcune zone dei Balcani sapeva già a chi rivolgersi per ripulire le banconote. L’inchiostro indelebile veniva smacchiato con dei reagenti chimici che cancellavano, però, anche gli ologrammi. A quel punto bisognava sostituirli con altri ologrammi e sarebbero entrati in gioco i siciliani Torres, Morello e Tinnirello in grado di procacciarli. I carabinieri sono intervenuti prima e hanno stoppato il riciclaggio di alcuni milioni di euro nascosti in chissà quale paese balcanico.

Molto più sofisticato il sistema che avrebbe consentito di riciclare soldi provenienti da Hong Kong facendoli transitare su conti correnti italiani ed europei. Il sistema utilizzato dal gruppo si chiama Ebics (Electronic banking internet comunication standard), utilizzato per lo più a livello bancario europeo per le transazioni di pagamenti capitali fra un’organizzazione è un istituto di credito. Per sfruttare il canale lecito l’organizzazione criminale avrebbe goduto dell’appoggio di imprenditori friulani ancora da identificare. Stoppato anche il riciclaggio di dieci chili di oggetti in oro rubati, già fusi in lingotti e infine nascosti in provincia di Sondrio.

Il tweet di Salvini

“In queste ore i Carabinieri hanno arrestato 55 mafiosi, più altri 17 delinquenti per traffico di armi e di immigrati clandestini, legati a Cosa Nostra e al terrorismo islamico. GRAZIE a nome di tutti gli italiani, la settimana inizia bene!”. Lo afferma su Twitter il ministro dell’Interno, Matteo Salvini.

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