Palermo, il pentito racconta "la festa" dopo l'omicidio del boss

“Musica, balli e vino”, la festa dopo l’omicidio del boss di Porta Nuova

Il racconto del collaboratore di giustizia

PALERMO – Il collaboratore di giustizia è collegato dalla località in cui vive sotto protezione. Davanti alla Corte di assise di Palermo Alessio Puccio ribadisce le dichiarazioni rese durante le indagini preliminari e le arricchisce di dettagli finora inediti.

Il processo è quello per l’omicidio del boss Giuseppe Di Giacomo. Unico imputato è Onofrio Lipari. “Per me era come un padre”, aveva detto respingendo l’accusa. Ed invece lo avrebbe ucciso. A pesare sulla posizione dell’imputato sono anche i racconti di Puccio, picciotto a disposizione della famiglia mafiosa di Porta Nuova per furti, rapine e pestaggi.

Puccio fu uno dei primi ad arrivare sul luogo del delitto commesso nel 2014 alla Zisa. Era in scooter con Toni Di Giovanni, figlio del capomafia Tommaso.

Ricorda “il corpo per terra, con il sangue che fuoriusciva dalla testa. Le urla del fratello”. Quando si allontanarono, mentre erano in sella – aggiunge Puccio, Di Giovanni gli avrebbe detto: “Lo hanno fatto davvero, lo volevano buttare a terra e lo hanno fatto davvero”. Chi e perché? “C’erano state delle discussioni con Tommaso Lo Presti, il pacchione”.

Quest’ultimo, dunque, sarebbe stato il mandante. Il sangue mise fine ad uno scontro per il potere. Il boss non è sotto processo perché non sono stati trovati i riscontri necessari per incriminarlo, ma la sua figura aleggia in aula nel corso di ogni udienza del processo.

Altra circostanza riferita da Puccio, rispondendo alle domande del pubblico ministero Gaspare Spedale: una sera “a casa di Anna Lo Presti (è la sorella di Tommaso, oggi deceduta ndr) in via Cipressi”, c’era un gruppo di persone e “spunta Pispicia, dice con i Lo Presti e i Di Giovanni (le due famiglie mafiose sono imparentate fra loro, ndr) non si scherza. Si muore”.

Successivamente, quando Puccio era già in carcere, durante un periodo di comune detenzione a Pagliarelli seppe “da Fabio Pispicia che Tony Lipari è stato l’esecutore materiale dell’omicidio”.

Puccio aggiunge dei particolari. O meglio riferisce delle sensazioni che ebbe dopo l’omicidio: “Dicevano di essere tutti addolorati. Una sera però erano nella taverna della zia di Lipari in via Regina Bianca. Mangiavano, bevevano, c’era la musica. Ma come, Di Giacomo viene ucciso e tu bali e canti?”.

I legali della difesa, gli avvocati Michele Giovino, Nico D’Ascola e Angelo Formuso, si oppongono alla domanda: “Le sensazioni del teste non possono entrare nel processo”.


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