La liturgia del 19 luglio: ma chi pensa davvero a Borsellino?

La liturgia del 19 luglio: ma chi pensa davvero a Borsellino?

Paolo Borsellino, le divisioni e la retorica: ma chi pensa davvero a lui?

La dolorosa liturgia del 19 luglio prevede appuntamenti formali, cortei di sinistra e di destra, un apparato di retorica e discorsi ufficiali. Ma chi pensa davvero al giudice Paolo Borsellino, agli agenti di scorta Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina?

Chi pensa alla sofferenza, alle persone di carne, ossa e sentimenti che mai saranno statue?  Un punto interrogativo che alimenta un sospetto, molesto ma ineliminabile. Nello scenario studiato degli anniversari, nel contorno che prende il posto della sostanza, non sembrano poi tantissimi quelli in grado di concentrarsi sul boato che alle 16.58 squarciò l’asfalto di via D’Amelio. Nella percezione di un’eco che non si è mai dissolta.

Pensarci significa imparare il rispetto dei morti e dei vivi, nella ricerca di una memoria che sia condivisa, anche se non uguale per tutti. E accettare di avere idee diverse, non agitando le proprie convinzioni come un anatema. Il volto sempre più affilato di un uomo che sapeva di essere il prossimo a cadere, la sua consapevolezza che altri sarebbero stati eliminati con lui dovrebbero rappresentare un punto d’onore.

Veniamo da anni di guerra dialettica che è il contrario della normale differenza di opinioni. Abbiamo annotato aspre disfide familiari, titanici scontri istituzionali, profonde crepe che si sono spalancate in nome di crociate senza quartiere. Come se l’esserci con una bandiera ben esposta valesse molto di più della verità che tutti affermano di perseguire.  

Si rende necessario ripartire, nella liturgia dolorosissima di questo 19 luglio, da una evidenza. La vecchia antimafia non c’è più, perché è stata messa in crisi dalle sue stesse contraddizioni. Dunque, è arrivato il momento di costruirne una nuova che rinunci alle strumentalizzazioni politiche, a certe carriere antimafiose, per tornare alla sua vocazione originaria: quella dell’impegno senza ritorni di immagine e vantaggi.

Forse si può. Magari, partendo da una domanda un po’ fastidiosa, proprio oggi, tra un comunicato stampa e una posa fotografica: chi pensa a Paolo Borsellino che preme il pulsante del citofono in via D’Amelio? (rp)


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