CALTANISSETTA – Il mistero della sparizione dell’agenda rossa e una strana incursione nella casa di Villagrazia di Carini: sono i passaggi cruciali della lunga deposizione di Lucia Borsellino al processo per il depistaggio sulla strage di via D’Amelio. La figlia del magistrato Paolo Borsellino, ucciso con cinque uomini della scorta, ha risposto alle domande del procuratore Amedeo Bertone e del pm Gabriele Paci. Sono riaffiorati così in aula i ricordi sull’intrusione nella casa di villeggiatura e nello studio che Paolo Borsellino utilizzava per consultare e studiare le sue carte. Non si è mai capito cosa cercassero gli intrusi. Lucia Borsellino ricorda che le carte vennero trovate sparse nella stanza messa a soqquadro. Ma il caso più inquietante è quello della scomparsa dell’agenda rossa.
“Arrivai – ha raccontato – nel luogo della strage. E trovai molto strano che qualcuno si fosse introdotto nell’auto anche fumante per recuperare quello che mio padre aveva lasciato”. Auto che conteneva appunto, tra l’altro, l’agenda rossa del padre di cui si è persa ogni traccia. Lucia Borsellino chiese al capo della squadra mobile del tempo, Arnaldo La Barbera, che fine avesse fatto. Ne ricevette, ha detto, una “risposta trasecolata, quasi volessero dirmi che, se non era stata trovata, era perché non c’era, e non perché fosse stata sottratta”. Nel processo sono imputati i poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Rispondono di calunnia aggravata dall’avere agevolato Cosa nostra. Avrebbero partecipato con La Barbera, che però è morto, all’operazione depistaggio a partire dalla creazione del falso pentito Vincenzo Scarantino.