PALERMO – In questa legislatura l’Ars aveva compiuto finora un “percorso netto”. Nessun arresto, nessuna ordinanza di custodia cautelare nei confronti dei deputati regionali. Certo, non sono mancati gli indagati, né i parlamentari sottoposti ad accertamenti della Corte dei conti. Ma fino a oggi, fino agli arresti di Nino Dina e Roberto Clemente, nessun onorevole siciliano della quindicesima legislatura era finito in carcere o ai domiciliari.
Se si dà un’occhiata invece anche alla vecchia legislatura, i casi di Nino Dina e Roberto Clemente si aggiungono a quelli di sei parlamentari che hanno finito per essere anche sospesi dalla carica, a causa appunto di una misura di custodia cautelare. Fausto Fagone, eletto con l’Udc e poi passato al Pid, venne arrestato nel novembre del 2010 e sospeso dalla carica di deputato. Il 3 novembre di quell’anno infatti, erano scattate per lui le manette con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, nell’abito dell’inchiesta Iblis. La stessa che aveva visto coinvolto Giovanni Cristaudo (Alleati per la Sicilia) per il quale era stato richiesto l’arresto, rigettato però dal Gip. Ma l’inchiesta Iblis coinvolse anche il più “influente” tra gli eletti al parlamento siciliano in quella legislatura: l’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo, infatti, va considerato a tutti gli effetti un deputato. Un anno fa, in primo grado, Fagone è stato condannato a 12 anni di reclusione.
E tra i deputati uscenti finiti agli arresti, c’era persino un candidato alla presidenza. Cateno De Luca, quattro anni fa, lanciò la sua “Rivoluzione siciliana” anti-casta. Per lui, la detenzione arrivata nella metà del 2011 fu però definita “ingiusta” dalla Cassazione. L’accusa era quella di tentata concussione, abuso d’ufficio e falso. Un arresto, in quel caso, definito quantomeno “affrettato”. “Nell’ordinanza del Giudice del merito – si legge nella pronuncia della Cassazione, giunta a pochi giorni dall’arresto – si pone soprattutto l’accento sull’esigenza di scongiurare reati della medesima specie, di quelli per cui si procede, ma a questa Corte sfugge in che modo possa parlarsi di probabilità di reiterazione”. Insomma, se la motivazione dell’arresto era la possibilità che De Luca ripetesse quei reati, secondo la Corte quella motivazione non “reggeva”, in quanto “il pericolo di ulteriori contatti con le persone offese risulta superato dall’acquisizione delle loro deposizioni all’atto del procedimento. I fatti – prosegue la sentenza – risultano alquanto remoti (anno 2005-2008), per cui il pericolo di recidiva non è logicamente presumibile”. De Luca rimarrà “sospeso” dalla carica di deputato poco meno di un mese. Le norme, infatti, prevedono in questi casi la sospensione della carica fino al mantenimento della misura cautelare. Non è prevista alcun provvedimento riguardo gli incarichi assembleari (ad esempio nelle commissioni, o nel consiglio di presidenza).
L’ex Pdl Fabio Mancuso, invece, in passato indagato per corruzione, concussione e abuso d’ufficio (reati dai quali però Mancuso è stato assolto “perché il fatto non sussiste”) è poi finito agli arresti domiciliari nel dicembre del 2011 per frode fiscale. Nell’ambito della stessa inchiesta finirà in carcere anche il “collega” sempre del Pdl, il messinese Roberto Corona.
Tra i sei deputati finiti agli arresti nel corso della scorsa legislatura, poi ecco Gaspare Vitrano, del Pd. Nel febbraio scorso Vitrano è stato condannato in primo grado a sette anni. Una pena inflitta per “induzione indebita a dare o promettere utilità”. Si tratta di un reato introdotto nel 2012 con l’articolo 319 quater che si configura quando “il privato soddisfa la pretesa del pubblico ufficiale, la cui richiesta è assistita da una pressione più contenuta, per ottenere un indebito beneficio”. I privati in questo caso erano l’imprenditore Giovanni Correro e l’ingegnere Piergiorgio Ingrassia che avevano puntato il dito contro il politico. Riccardo Minardo, invece, ex deputato Mpa, fu arrestato nell’aprile 2011 per associazione a delinquere, truffa aggravata e malversazione ai danni dello Stato. Verrà sospeso dall’Ars per appena due mesi e poi riammesso. Per lui nel 2012 arrivò anche il rinvio a giudizio. E siamo ai giorni nostri. Fino a ieri, il percorso di Sala d’Ercole non aveva fatto registrare arresti. Fino a questa mattina, quando il presidente della commissione bilancio Nino Dina e il deputato del Cantiere popolare Roberto Clemente sono stati arrestati dal Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza con l’accusa di voto di scambio. Insieme a Franco Mineo, che invece è solo un “ex”. Era un onorevole nella scorsa legislatura.