Brancaccio, chiudono due case famiglia - Live Sicilia

Brancaccio, chiudono due case famiglia

Centro Padre Nostro
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“A giugno saremo costretti a chiudere le nostre due case famiglia perché abbiamo troppi debiti: il Comune ci deve 400 mila euro dal giugno scorso”. A parlare è Maurizio Artale, responsabile del centro di accoglienza “Padre Nostro”, creato nel quartiere Brancaccio di Palermo da don Pino Puglisi, il prete ucciso dalla mafia il 15 settembre del 1993. “La nostra struttura ospita 26 persone, sono mamme e bambini di nove nuclei familiari con situazioni drammatiche – spiega Artale – ma che hanno diritto a servizi che non possiamo più permetterci. Non abbiamo i soldi per dare loro da mangiare, per le bollette del centro o per rifornire di benzina i pulmini con i quali li accompagniamo al mare, o al circo, ogni tanto”.
I normali bisogni di un’infanzia negata che finora qui ha trovato riparo. Ma anche conflitti familiari accesi che spesso culminano con una segnalazione alle forze dell’ordine e l’allontanamento immediato tra genitori e figli, tra mamme e bambini. Il centro di via Brancaccio gestisce due strutture con circa 80 volontari e 24 impiegati che “dal giugno 2008 non vengono pagati e che finito il proprio turno di lavoro si trasformano a loro volta in volontari”, aggiunge Artale. “Finora i fornitori ci sono venuti incontro, ma dopo 7 mesi di indebitamento continuo, vista la congiuntura economica della crisi, non possono più farci credito – spiega il presidente del centro – per questo ogni mese abbiamo mandato in tribunale le ingiunzioni al Comune perché paghi, senza avere però alcuna risposta”. Continue sono le intimidazioni, le minacce e le sfide quotidiane in una “guerra tra poveri dove non ci sono né vincitori né vinti”, racconta Artale, che nel coordinare le attività del centro si trova spesso a dover affrontare, oltre le difficoltà economiche, situazioni familiari molto difficili: “Abbiamo da fare con padri e mariti invadenti che spesso violano la privacy e i divieti di vedere i loro congiunti, li pedinano e  arrivano a scavalcare la recinzione pur di entrare – dice – ma sono persone che a loro volta hanno bisogno di aiuto e  assistenza. A Palermo non esiste una politica seria nel sociale – continua – non possiamo andare avanti e saremo costretti a negare il nostro aiuto a chi ha veramente bisogno. Se non avremo quei soldi, a giugno chiuderemo”.


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