PALERMO – Il grande attore e comico Enrico Brignano, ritorna in Sicilia con un doppio appuntamento a Taormina e Palermo, con lo spettacolo “Ma… diamoci del tu!”. Nato a Roma, tifosissimo della Lazio, Brignano è cresciuto nell’Accademia per giovani comici creata da Gigi Proietti. Figlio di emigrati siciliani ma di nazionalità tunisina. Come ama ricordare, delle sue origini siciliane ha il comportamento focoso e spesso anche impulsivo…o “fumantino” come si dice a Roma. Insomma, un bel “mix” per uno showman di razza.
Enrico Brignano un po’ abruzzese, un po’ siciliano, di certo romano si racconta così:
Il mondo di Brignano è fatto di incroci e scambi, senza omologazione, un sogno o un desiderio?
Il mondo di Brignano è pieno eccome di sogni e desideri, per il futuro lavorativo e per quello personale. Se senza omologazione significa che lo faccio a modo mio, allora sì, senza omologazione.
Quando hai iniziato, avevi in mente tutto questo? Eri uno di quelli che sapeva che ce l’avrebbe fatta?
Non potevo immaginare tutto questo, ma ci speravo. Io nel mio sogno di palcoscenico ci ho sempre creduto e lo dico anche nello spettacolo. Nessuno può avere la certezza matematica di farcela: se bastasse la volontà, saremmo “a cavallo”. Però ci si può mettere la costanza, il sacrificio e sperare in un pizzico di fortuna…
In questa evoluzione digitale, come immagini il futuro dello spettacolo, del teatro?
Da anni giro l’Italia con spettacoli tecnologicamente molto avanzati: fondale fatto di led, che permette di creare paesaggi e scene sempre diversi, anche astratti e suggestivi. Il teatro può svecchiarsi e usare nuove tecnologie, sarebbe molto interessante. Ultimamente, mi affascina molto il concetto di ologramma digitale.
Dialetti caratterizzati in molti dei tuoi monologhi, frasi non completate, domande tronche: se e quanto hanno influito le tue origini siciliane?
Il gramelot è un’arte molto antica, portata per altro all’apice dal maestro del genere, Dario Fo: è la tecnica che porta a ricordare accenti, sonorità di una regione italiana piuttosto che un’altra – o di una lingua – e che attraversa i dialetti di tutta la penisola. Le mie origini siciliane sono state importanti per qualcos’altro: per la tendenza, non di tutti ma mia nonna ce l’aveva e me l’ha trasmessa, a raccontare in modo “favoloso”, affabulatorio, quasi magico le storie. Mia nonna mi raccontava in dialetto le storie de “le mille e una notte” e mi teneva sospeso, pendevo dalle sue labbra.
Cosa pensi dei talent e ti piacerebbe, un giorno, essere chiamato per ricoprire il ruolo di giudice?
Mi piacerebbe conoscere e sperimentare da vicino i nuovi talenti; ma dei talent non mi piace la tendenza spiccata alla polemica. Mi pare ormai che si punti a far litigare i giudici tra loro, perché in qualche modo fa spettacolo, invece di lasciare spazio ai ragazzi e a quello che hanno da dire.
Quanto è grande il tuo cassetto dei sogni? Ci dobbiamo aspettare una scuola di Enrico Brignano?
La scuola c’è già stata: a Pomezia, vicino Roma, avevo aperto una scuola d’arte. Col tempo, gli impegni mi hanno assorbito talmente tanto che non aveva senso mantenerla se ero impossibilitato a prendervi parte e a tenervi lezioni, quindi con rammarico l’ho dovuta chiudere.
“MA…DIAMOCI DEL TU”, un progetto teatrale che vuole recuperare sulla distanza creata dal “LEI”: ma in Sicilia, dove si usava dare il “VOSSIA” anche ai genitori, pensi che il percorso sia più complicato?
Il vossia credo che non lo usi più nessuno, in Sicilia, al di sotto dei 50 anni: questa terra è molto più emancipata di come vogliono dipingercela i media, ha risorse per risollevarsi, insieme a tutto il resto della nazione. Certo, la situazione del paese non è semplice, ma l’unione e una classe politica adeguata ci faranno recuperare. Diciamo che sull’unione non ho dubbi, sul resto ne ho parecchi invece…