Cala il sipario su Girgenti Acque, il Tribunale la dichiara fallita

Cala il sipario su Girgenti Acque, il Tribunale la dichiara fallita

Impossibile raggiungere il riequilibrio economico dei conti

AGRIGENTO – Girgenti Acque Spa e la società “figlia” Hydortecne srl, aziende che si occupano del servizio idrico in provincia di Agrigento, sono state dichiarate fallite. Lo ha stabilito la quarta sezione civile e fallimentare del Tribunale di Palermo, presieduta dal giudice Giovanni D’Antoni, con un provvedimento del 4 giugno scorso.

La decisione arriva dopo un’accertata esposizione debitoria che ammonta a oltre novanta milioni di euro ,certificata nel marzo scorso, con conseguente “commissariamento dei commissari del Prefetto” – che gestiscono l’azienda da due anni e mezzo dopo un’interdittiva antimafia – e la nomina del professore Aurelio Milone in qualità di commissario giudiziale. Proprio quest’ultima decisione, nel maggio scorso, aveva portato alle clamorose dimissioni di uno dei due commissari prefettizi – Giuseppe Dell’Aira. Contestualmente alla dichiarazione di fallimento, il Tribunale ha nominato tre curatori che avranno il compito di ricostruire attivo e passivo della società.

I giudici, sulla base della relazione depositata dal commissario giudiziale, hanno accertato l’impossibilità “di conseguire il riequilibrio economico dell’impresa tramite un programma di ristrutturazione” e la “esclusa percorribilità di un programma di cessione dei complessi aziendali”. La dichiarazione di fallimento – in ogni caso – non stupisce quasi nessuno e parte da molto lontano con problematiche che nel corso del tempo sono emerse sempre più costantemente. Già a partire dalla consegna del testimone – mai avvenuta – da Girgenti Acque al consorzio di comuni che avrebbe dovuto gestire pubblicamente il servizio con un passaggio di “intermediazione” dell’Ati.

Quest’ultima, con una nota del dicembre 2020, ha comunicato di non voler procedere al trasferimento del ramo d’azienda dell’ex gestore e che dunque non prevede di ricorrere ad alcuna forma di “cessione” del rapporto ma ad un nuovo affidamento che, per l’indisponibilità dell’unico soggetto interlocutore, rende impossibile qualsiasi ipotesi di riequilibrio economico dell’impresa. Il commissario giudiziale – come rileva il Tribunale – “ha rappresentato l’indisponibilità di somme necessarie per la procedura, attesa da un lato la posizione assunta dall’Ati rispetto alla non decenza dell’indennizzo di fine rapporto e, dall’altro, considerata la mancanza di provvedimenti giudiziari che abbiano anche provvisoriamente accertato la fondatezza delle sia pur ingenti richieste risarcitorie della società nei confronti dell’Ati.”

Il fallimento – fino al passaggio definitivo al nuovo gestore idrico – non determina comunque la cessazione della gestione del servizio che verrà portato avanti dal commissario Prefettizio. Quest’ultimo, tuttavia, potrà gestirlo utilizzando le entrate correnti mediante una contabilità separata ed interloquendo costantemente con gli organi della procedura fallimentare. Su questo aspetto è intervenuto Giuseppe Dell’Aira, ex commissario prefettizio dimessosi nel maggio scorso: “Due Commissari hanno garantito per due anni e mezzo, nel bene o nel male, che il servizio proseguisse disperatamente cercando di far cessare gli evidenti abusi legati allo spezzatino di chi dovrebbe rifornire d’acqua la provincia. Poi e’ arrivata una inconcepibile ammissione delle due società interdette antimafia alla procedura di amministrazione straordinaria per imprese in crisi, chiaramente non praticabile, ma idonea a consentire che sulla scena irrompesse altro Commissario, di provenienza catanese, ma dotato della qualità di giudiziale, il quale come primo atto ha suggerito al Tribunale fallimentare di Palermo di commissariare i commissari prefettizi, soggiogandone le decisioni, per legge riservate invece alla loro esclusiva governance, alla sua volontà, espressa ovviamente dalle lontane stanze nella Sicilia orientale. Ma non era sufficiente: per cui essendo da anni palese che le società, nello assordante silenzio di creditori pubblici e privati che da anni avrebbero titolo a riscuotere più di 90 milioni di euro, fossero inevitabilmente destinate al fallimento ecco l’ultimo ritrovato odierno: la nomina di ben tre curatori che dovranno a loro volta controllare quanto farà il Commissario prefettizio superstite. Non riesco ad immaginare cosa potrà succedere ai poveri utenti della provincia: credo solo che alla fine chi e’ in buona fede, e so che sono tanti, finirà per rimpiangere la gestione prefettizia – conclude Dell’Aira – sollecitando magari quel che non si nega a nessuno: la nomina di un generale che metta in riga tanti commissari”.


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