CATANIA. “Ehi, omo blanco, ehi. Noi a te… bum, bum, bum”. Era la minaccia quotidiana che riceveva dai suoi sequestratori l’imprenditore catanese Vanni Calì, 74 anni, rapito ad Haiti il 1 giugno scorso e rilasciato 22 giorni dopo che, in un’intervista al quotidiano La Sicilia, parla di un Paese che fa paura. “Ero ad Haiti dall’agosto del 2017 – ricostruisce Calì – e sino a sei mesi fa non c’era quella paura, quel timore dei sequestri di persona a scopo estorsivo. Certo, la situazione è sempre stata difficile: la povertà terribile, la violenza pane quotidiano, ma noi stranieri, soprattutto quelli considerati in qualche modo portatori di aiuti, di imprese, di lavoro, ci eravamo sempre sentiti protetti.
“Con i rapimenti dei religiosi, è cambiato tutto”
“Poi – aggiunge l’imprenditore – è esploso il caso dei religiosi francesi rapiti e da lì è cambiato tutto. La paura, a quel punto, c’era, tanto che proprio il giorno del mio rapimento, avrei dovuto incontrare alcune persone incaricate di occuparsi della mia sicurezza. Non abbiamo fatto in tempo”. Nella ‘prigione’ sporca, con poco cibo e acqua con lui c’erano anche altri sequestrati, compresa una ragazzina che, dice, gli ha “salvato la vita dandomi parte del suo cibo” quando ha avuto un violento calo di zuccheri. Ad Haiti Calì non tornerà: “L’ho promesso a mia moglie e ai miei due figli, non li lascerò più”.