Gianfranco Miccichè è una persona onesta. E quando dice che non ha mai sentito odore di mafia – suggeritrice dietro le quinte, secondo la discutibilissima vulgata ciancimininana, più che attrice in campo – in Forza Italia, gli crediamo sulla parola. Però non è esattamente super partes rispetto al dibattito in corso circa le dichiarazioni di Massimo Ciancimino. E non è super partes, perfino per altre ragioni, nemmeno il senatore Dell’Utri. Invece, si vuole fare credere che l’unico soggetto che abbia un interesse concreto (alla menzogna e al depistaggio) sia Massimo Ciancimino. Eppure, tra gli ex uomini di Forza Italia potrebbe esserci un interesse preciso a considerare blasfeme “a prescindere” quelle accuse. E – lo ripetiamo – siamo certi che il solo “tornaconto” possibile di Miccichè sia fatto di pura passione politica, risieda nell’ideale sincero e senza ombre mafiologiche di chi ha creduto a un progetto e non vuole vederlo messo così atrocemente sul banco degli imputati. Escludiamo, nel suo caso, altri calcoli di bassa cucina. Escludiamo che abbia annusato fetori criminali di sorta.
E c’è un interesse preciso e contrapposto pure a sinistra. Perché a sinistra le parole di Ciancimino sono state accolte come una benedizione, come una fanfara, come la conferma di un sospetto pure questo interessato e “a prescindere”, visto che riguarda il nemico storico: Berlusconi. Gli unici veramente disinteressati, o più disinteressati degli altri, parrebbero, in questo frangente, i giudici che hanno in mano la spinosa questione. Calma e gesso, perciò. Vogliamo lasciarli lavorare? R.P.
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