CALTAGIRONE. Si è conclusa con l’arresto di Salvatore Seminara e Sciarpa Maria Concetta, l’operazione denominata “Grande Feudo” condotta dalla Procura della Repubblica di Caltagirone e dal comando Provinciale dei carabinieri di Enna. L’attività investigativa ha permesso di portare a conoscenza degli inquirenti una sofisticata e complessa organizzazione volta all’ottenimento di contributi da parte della Agenzia per l’erogazione in agricoltura e da parte dell’Ispettorato Provinciale Agricoltura, ottenuti mediante la presentazione di domande di accesso ai contributi presso il Centro Assistenza Agricola Coldiretti di Piazza Armerina. Grazie all’ausilio di false documentazioni, volte a certificare l’affitto di alcuni fondi, i due ottenevano i cospicui finanziamenti.
In particolare i Carabinieri, passando al setaccio tutta la documentazione presentata dai coniugi Seminara, hanno riscontrato l’esistenza di numerosi contratti di affitto falsi, di vasti fondi agricoli, nei territori dei comuni di piazza Armerina, Mirabella Imbaccari e Licodia Eubea sui quali erano riportate le firme apocrife dei legittimi proprietari che, in corso di indagini, risultavano non essere a conoscenza dei contratti stessi. In due casi i Carabinieri certificavano la falsità dei documenti grazie al fatto che le firme apposte sugli atti erano di persone defunte anche 8 anni prima dell’atto stesso. L’indebita percezione dei contributi ammonta ad oltre 450.000€ motivo per il quale il G.I.P. di Caltagirone Marcello Gennaro, ha disposto il sequestro preventivo di tutti i beni riconducibili al Seminara per un ammontare di 227.000€ e di 53.000€ sui beni della Sciarpa. Gli stessi, nei primi anni del 2000 grazie agli introiti illeciti dovuti all’attività criminosa posta in essere avevano acquistato un fondo di proprietà della Curia di Palermo ricadente nel confine fra le provincie di Enna e Catania, chiamato fondo Barilotto.
Seminara, già in carcere presso la casa Circondariale di Parma, dove lo stesso sta scontando in regime di 41 bis la pena di 8 anni, risulta essere il reggente di Cosa Nostra della Provincia di Enna, su specifico mandato del boss Calatino Francesco La Rocca. Alla moglie sono invece stati concessi gli arresti domiciliari. Nel frattempo gli inquirenti proseguono le indagini per appurare, ove esse sussistano, responsabilità penali da parte di terzi.