PALERMO – Si chiama “danno da ritardo”. lo hanno subito gli eredi di una donna di Canicattì che hanno ottenuto un risarcimento di 15.000.
Il Consiglio di giustizia amministrativa ha condannato il Comune di Canicattì a pagare per aver dato vita a una interminabile querelle giudiziaria. Ed invece la faccenda andava risolta subito.
La “faccenda” inizia nel 1984 quando il Comune agrigentino espropria alcuni terreni per la costruzione di case popolari. Alla fine dei lavori risultano inutilizzate alcune aree e gli eredi della donna ne chiedono la restituzione. Una richiesta inevasa che dà il via ad una sfilza di ricorsi davanti al giudice amministrativo. L’ultimo atto è l’annullamento del diniego della richiesta di restituzione dei terreni.
Gli avvocati Girolamo Rubino e Armando Buttitta hanno presentato il “conto” al Comune, sottolineando che i comportamento dell’amministrazione ha costretto i loro assistiti ad una lunga e faticosa attività giudiziaria. Una tesi condivisa dal Consiglio di giustizia amministrativa secondo cui, c’è stato “un comportamento gravemente negligente del Comune di Canicattì”, visto che “la condotta dell’amministrazione ha lungamente ritardato, in assenza di valide motivazioni, l’emanazione del provvedimento volto alla restituzione ai cittadini delle aree espropriate e non utilizzate per la realizzazione dell’opera pubblica”. Un ostruzionismo costato al Comune 15.000 per il danno, e 4.000 per le spese legali.