Cara Palermo, è vero: sei deturpata. I tuoi (nostri) guai li abbiamo sotto gli occhi. Un uomo di Chiesa, tenace e capace di analisi coraggiose, l’arcivescovo di Palermo, ce lo ha ricordato dal Santuario, nel colloquio, tra cielo e terra, con la nostra Santuzza.
“Le vite dei nostri figli illuse, piegate e spezzate dalle nuove droghe; – Don Corrado ha elencato alcune delle ferite – la diffusione di relazioni violente e aggressive tra le nuove generazioni, specialmente nei luoghi di ritrovo, di linguaggi avvelenati dalla menzogna e dall’odio… Sopravanza una cultura del sopruso e della morte”.
E ancora: “La città, deturpata dalla perdita del senso civico, è incapace di trovare soluzioni e di far fronte all’emergenza rifiuti acuita a motivo di nefasti interessi speculativi e di equilibri politici. Tormentata da vecchie e nuove povertà, per il venir meno delle condizioni essenziali di una vita dignitosa (una terra, una casa, un lavoro), produce ‘scarti umani’, specie nelle periferie urbane ed esistenziali”.
Un messaggio potentissimo che non può essere archiviato come una mera polemica. Sono parole necessarie che dovrebbero interrogare profondamente la coscienza di tutti, per provare, insieme, a dare l’avvio a una svolta.
Ma anche certa politica in questa città, cara Palermo, segue le leggi dell’interesse privato. I problemi diventano un attivo e un passivo sulla bilancia del consenso, non un ostacolo da affrontare, in una dimensione collettiva.
Cara Palermo, abbiamo lanciato una campagna, ‘Sos Palermo’, per focalizzare i disagi e cercare di chiamare a raccolta le voci che hanno qualcosa di costruttivo da dire. La nostra scelta ha avuto un seguito addirittura inatteso. Segno che la gente soffre e non ne può più.
Le notizie quotidiane recano bollettini sconfortanti: violenze, rapine, furti. E non ci sembra normale che sia così. Non è accettabile rilevare, senza intervalli congrui, le notizie che siamo costretti a scrivere.
Perché, essendo palermitani, non soltanto giornalisti, nell’assolvere il dovere della cronaca, avvertiamo un senso di bruciante sconforto. Un sentimento di radicata desolazione.
Non è uno stato d’animo nuovo, cara, deturpata, amata e nostra Palermo. Lo proviamo da anni e ha conosciuto picchi drammatici. Per esempio, davanti alla vergogna-emergenza delle bare accatastate ai Rotoli, adesso meritoriamente superata.
Quella era una tragedia che straziava la memoria e la dignità. Oggi siamo davanti (ancora) ‘alla città deturpata’, indicata dalla denuncia dell’arcivescovo. Un’altra puntata di una storia complicata.
Cara Palermo, noi continueremo a scrivere, a soffrire, a sperare. Ospiteremo le idee di tutti, nel dispiegamento di un racconto che sia informato e che tenda verso un orizzonte migliore, nella denuncia sacrosanta dei disservizi dell’inciviltà.
Noi ci crediamo. Noi pensiamo che questa città possa cambiare davvero, se sarà in grado di unire le sue anime migliori, ognuna con la propria idea, senza rendite di posizione da salvaguardare.
Lo sfascio forse sarà un alibi, un investimento, una coperta comoda per qualcuno. Noi camminiamo, con chi c’è, nella direzione opposta. Rinascere non è così impossibile.
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