Cara Sanità siciliana, non ci piaci: troppe 'spartizioni' e poche risposte

Cara Sanità siciliana, non ci piaci: troppe ‘spartizioni’, poche risposte

Si parla di nomine. Ma si dovrebbe parlare di altro.

Cara Sanità siciliana, non ci piaci e non possiamo fare a meno di te. Ma non è una novità.

Da quando ti conosciamo somigli a un gioco dell’oca, un campo su cui misurare le rispettive fazioni, con gli strapuntini del consenso, con lo spostamento di pedine. Esagerati? Sospettosi? Cinici? Non ci sembra che il panorama smentisca la narrazione.

Cara Sanità siciliana, non ci piaci, ma ti scriviamo egualmente con la maiuscola iniziale, perché hai il senso di una vera protezione dei sofferenti, in una terra desolata.

E non ci piace nemmeno l’indignazione professionista di chi si straccia le vesti semplicemente quando decidono gli altri e i conti non tornano.

No, non ci piaci cara Sanità siciliana; pensiamo di non essere soli nel rivendicare un panorama più limpido. I ribelli li incontriamo spesso, non per forza con il volto dei pazienti. Anche con un camice addosso.

Giuseppe Bonsignore, sindacalista esperto, in una intervista, con una semplice affermazione, ha chiamato in causa, riguardo alle infornate di nomine estrapolate dalla cronaca recente: “un’agenda di spartizioni, con una pesante influenza della politica che (invece) dovrebbe occuparsi di migliorare le condizioni generali”.

Non ci riferiamo alla competenza o al curriculum di singoli prescelti, periodicamente, a vario titolo, che non sono oggetto di nostre valutazioni, né potrebbero esserlo. Il discorso riguarda l’ingerenza, per ragioni di bandiera, di molteplici Palazzi. Ora e sempre. Bonsignore è forse un visionario?

Cara Sanità siciliana, non ci piace la paura di medici e infermieri che si sentono circondati. Accerchiati, nella terribile eventualità delle botte, dei calci e dei pugni (ed è appena il caso di ricordare che nessuna circostanza, per quanto estrema, rende la violenza meno esecrabile), essendo esposti a tutto.

Indifesi, quegli infermieri e quei medici, in contesti complicatissimi che pretendono fatiche sovrumane, per esempio nei pronto soccorso. Costretti a dividersi, a moltiplicarsi, a correre.

Ma non ci piace, ovviamente, nemmeno quella minoranza di operatori – li abbiamo, ahinoi, incontrati -che approfittano della labilità del clima per comportarsi con pigrizia e scarso rispetto. Non tutti sono pienamente consapevoli del fondamento etico di una missione.

Cara Sanità siciliana, non ci piaci, nonostante l’abnegazione della maggioranza assoluta di chi indossa un camice, nei tuoi inestirpabili disservizi.

Non ci piace che la famigerata vicenda del cartone intorno alla gamba fratturata – ancora da chiarire nelle singole responsabilità – venga raccontata come l’eccezione di un sistema funzionante. Non è così.

Non ci piacciono i discorsi alati, i proclami roboanti, gli orizzonti di gloria immancabilmente additati. Siamo gente concreta. Siamo siciliani: la storia ci ha insegnato il pragmatismo.

Non ci piaci, cara Sanità siciliana. Ti vorremmo diversa, libera, efficiente, in grado di fornire risposte più complete alla sofferenza. Più soluzioni e meno poltrone. Purtroppo, non intravvediamo motivi di ottimismo. Saremo cinici, esagerati, sospettosi. Oppure, siamo soltanto siciliani.

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