MILANO – Carlo Cosco, condannato in primo grado all’ergastolo per l’uccisione di Lea Garofalo, ha confessato in aula nel processo di secondo grado l’omicidio della testimone di giustizia calabrese. “Mi assumo la responsabilità dell’omicidio, merito l’odio di mia figlia”, ha detto l’uomo davanti ai giudici.
Lea Garofalo venne sequestrata in pieno centro a Milano, in zona Arco della Pace, il 24 novembre del 2009 e uccisa. Nel processo di primo grado l’accusa aveva sostenuto che Lea fosse stata uccisa con un colpo di pistola e poi sciolta nell’acido. Nei mesi scorsi, però, le dichiarazioni di un pentito, Carmine Venturino, anche lui condannato all’ergastolo per l’omicidio della donna (in primo grado sono state condannate all’ergastolo altre 4 persone, oltre a Carlo Cosco) hanno fornito un’altra ricostruzione dell’uccisione: Lea, stando alle parole del pentito, venne strangolata e il suo corpo venne poi bruciato in un fusto. Alle parole di Venturino il pm della Dda milanese, Marcello Tatangelo, che ha coordinato le indagini condotte dai carabinieri, ha trovato poi una serie di riscontri: tra cui alcuni resti di ossa che una perizia ha ritenuto compatibili a quelli della donna.
“Io adoro mia figlia, merito il suo odio perché ho ucciso sua madre. Guai a chi sfiora mia figlia, prego di ottenere un giorno il suo perdono” ha aggiunto Cosco. Gli inquirenti lo ritengono legato a un clan della ‘ndrangheta calabrese. Nella fase delle indagini e nel processo di primo grado con al centro il terribile caso di ‘lupara bianca’, Carlo Cosco aveva sempre negato di avere ucciso la sua compagna, mentre oggi ha preso la parola per dire: “Mi assumo la responsabilità dell’omicidio di Lea Garofalo”. Denise Garofalo, figlia di Lea, si è costituita parte civile nel processo contro il padre. Le dichiarazioni della ragazza, che oggi ha 21 anni, hanno dato un contributo fondamentale alle indagini.