Caro Renzi, cosa vuoi farne | di questa Sicilia? - Live Sicilia

Caro Renzi, cosa vuoi farne | di questa Sicilia?

La percezione diffusa è quella che vede la tua rivoluzione, piaccia questa o meno, a me personalmente piace, ferma per una precisa scelta al di là dello Stretto. Al di qua regnano primitività, desolazione, disoccupazione, rassegnazione, improvvisazione, politicanti e la vecchia, vecchissima politica di sempre.

Caro Matteo Renzi,

Consentimi una domanda diretta, ex abrupto: della Sicilia, tu, cosa intendi farne? Dirai, ecco un altro a cui non vado a genio e prende a pretesto le mille emergenze della Sicilia. E no! al contrario, da subito e pubblicamente, ho salutato con ragionata fiducia il tuo ambizioso progetto di “cambiare verso” all’Italia, una nazione ferma, ancora schiacciata da visioni ideologiche della società, prigioniera di lobby e corporazioni, e condiviso il percorso riformatore che hai intrapreso. Però, coerente con il mio modo libero di intendere e praticare la politica, ostile verso qualunque appiattimento del pensiero “suggerito” dall’appartenenza a un partito o a una corrente, devo confessarti che non ho tuttora ben compreso cosa tu voglia fare della Sicilia, quale posto occupa, nella tua agenda di presidente del Consiglio dei ministri e di leader del Partito Democratico, la prima regione italiana per superficie territoriale con cinque milioni di abitanti.

Te lo chiedo evitando accuratamente di invocare un’autonomia speciale di cui, lo ammetto, non vado per nulla orgoglioso, anzi, della quale quasi mi vergogno perché è stata l’alibi e l’arma, spesso in complicità con la mafia, per il delitto perfetto commesso dalla malapolitica, cioè il massacro sistematico della mia terra. Te lo chiedo, invece, perché, ne converrai, sarebbe impensabile qualunque rivoluzione senza coinvolgere e appassionare la Sicilia e i siciliani. Se si vince in Sicilia si vince nel Paese, se si perde in Sicilia si perde nel Paese, una convinzione, comprovata dalla storia degli ultimi decenni, che nessuno mi toglierà dalla testa. Lo capirono benissimo Berlusconi, che promettendo disinvoltamente felicità e ricchezza ne fece il suo serbatoio di voti, e Grillo che la raggiunse a nuoto per dimostrare, con la furbizia dello showman navigato, ora ci vuole, quanto la Trinacria sia strategica. Lo sta capendo perfino Salvini il quale, indifferente alle rumorose manifestazioni di dissenso, ma ad Agrigento ha incassato gli applausi, se la sta girando in lungo e in largo per fare incetta di consenso terrone secondo il nuovo credo leghista: “suffragatio non olet”, il voto, come il denaro, non ha odore.

Non lo capirono, ahimè, tanti tuoi predecessori, premier di centrosinistra e segretari nazionali del Pd, che per non sporcarsi le mani preferirono abbandonare l’Isola al suo tragico destino, e al centrodestra, così decretando, elettoralmente parlando, l’esito infausto del proprio di destino. Sembrerebbe, correggimi se sbaglio, che il tuo unico intento, motivato, soprattutto, da ragioni di ordine finanziario alimentate da una crescente diffidenza, direi incontestabile, verso le istituzioni siciliane, sia quello di fare deserto attorno al governo Crocetta commissariando tutto il “commissariabile” – vedi, in ultimo, facile presumerlo, i rifiuti che ci sommergeranno, la rete stradale ritornata all’epoca preunitaria e l’acqua pubblica che, ne approfitto, pubblica deve essere senza trucchetti che la restituiscano ai privati – mantenendo, però, sui loro scranni, come immobili figure respiranti, i legittimi governanti rivelatisi assolutamente inadeguati.

Sembrerebbe pure, e qui si materializza la confusione somma nel mio cervello, che di fatto hai commissariato anche il Pd siciliano lasciando, però, intatta la classe dirigente del partito che quel governo da te commissariato appoggia e sostiene, per giunta se non con la tua benedizione certamente con il tuo consenso. Insomma, il gioco delle tre carte. Semplificando, parrebbe che gattopardescamente, modalità decisamente sicula e poco fiorentina, vuoi cambiare tutto senza cambiare nulla, né a livello di governo, né a livello di partito, fatte salve le finanze dello Stato. Ritieni in tal maniera di riuscire a dare ai siciliani un messaggio di speranza e, finalmente, segnali di rottura autentica con il passato e con un eterno presente inconcludente? La percezione diffusa è quella che vede la tua rivoluzione, piaccia questa o meno, a me personalmente piace, ferma per una precisa scelta al di là dello Stretto. Al di qua regnano primitività, desolazione, disoccupazione, rassegnazione, improvvisazione, politicanti e la vecchia, vecchissima politica di sempre. E allora, caro Matteo, in Sicilia o trasformi o conservi, tenere entrambe le opzioni non è da te. Detto in soldoni: non si può stare con un piede in due scarpe, prima o poi s’inciampa e si cade rovinosamente.

 

 

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